sabato 12 dicembre 2009

Gli Ebrei: L’eredità spirituale

Shem, padre di tutti i figli di Ever...” Bereshyit 10:21

In Genesi 10:21 è scritto “Shem, padre di tutti i figli di Eber” – o più correttamente, “Ever”, secondo la pronuncia ebraica. Cosa significa questo? Perché Ever, il quinto di undici patriarchi da Noach ad Avraham, è nominato in modo specifico come il capostipite di una discendenza che crediamo inizia solo sei generazioni dopo? Ever è infatti il progenitore di molti popoli e la sua discendenza si divide in due rami separati, e da solo uno di questi discende poi Avraham, il “padre degli Ebrei”, mentre dall’altro provengono invece dei popoli che con il tempo divennero parte delle etnie comunemente conosciute come popoli Arabi, quindi, non più Ebrei. La genealogia compresa da undici generazioni da Noach ad Avraham è come segue: Noach, Shem, Arpakshad, Shelach, Ever, Peleg, Re’u, Serug, Nachor, Terach, Avraham, che è considerato il padre di tutti gli Ebrei, nonché di altre nazioni. In realtà, il popolo universalmente riconosciuto come Ebrei iniziò ad esistere addirittura due generazioni dopo di lui, cioè, da Yakov, figlio di Yitzhak, figlio di Avraham. Cosa significa dunque l’affermazione di Genesi 10:21? Era Avraham un Ebreo, essendo egli stesso il progenitore degli Ebrei? In Genesi 14:13 leggiamo: “Avraham, l’Ebreo” – quindi, Avraham, il progenitore degli Ebrei, era già un Ebreo! Infatti, documenti storici dell’epoca di Avraham parlano di un popolo o gruppo di popoli dispersi tra l’Egitto e la Mesopotamia denominati “Ebrei”, “Apiru”, “Habiri”, un popolo senza un territorio definito, abitante nelle principali città del Medio Oriente, spesso in Egitto per commerciare oppure per stabilirvisi... proprio come Avraham. Da ciò si deduce che gli Ebrei in origine non erano soltanto i discendenti di Israele, ma anche un’infinità di popoli, inclusi molti dei nemici di Israele, quali Ammon e Moav.

Alcuni studiosi speculano affermando che gli Israeliti originalmente non parlavano ebraico, ma che adottarono questa lingua dai Cananei quando vi si stabilirono in Terra di Israele. Tuttavia, il peso delle evidenze è contrario a tale teoria; sono stati piuttosto i Cananei che presero la loro lingua dagli Aramei – infatti, l’aramaico era la lingua franca non solo tra i popoli Semitici, ma anche fra gli altri. Gli Ebrei erano in origine una tribù Akkadica, la cui lingua era senz’altro strettamente vicina al moderno ebraico. D’altronde, la Bibbia è stata scritta in ebraico, ed è probabilmente il documento più antico di cui abbiamo notizie certe.
Ritornando al quesito sull’ebraicità di Avraham, la storia ci da una spiegazione: Dei monumenti egizi fanno menzione di un popolo enigmatico: gli
“Apiru”. In uno di questi è incisa sul muro una scena raffigurando uomini lavorando al torchio del vino. Sotto l’immagine è scritto: “Apiru adibiti alla lavorazione del vino”. La data del monumento è attribuita al periodo della regina Hatshepshut e di Tutmose III, circa l’anno 2290 (1470 b.c.e.). Gli studiosi riconobbero la somiglianza fra i termini “Apiru” ed “Ebrei”, in una scena che rappresenta il lavoro compiuto da sudditi che può accostarsi a quelle descritte nel Libro dell’Esodo riguardante il lavoro degli Ebrei in Egitto.

Nel Papyrus Leiden, datato nel regno di Ramses II, circa l’anno 2510 (1250 b.c.e.), si legge la seguente frase in una lettera: “Consegna del grano agli uomini dell’esercito e agli Apiru che portano la pietra per la costruzione del grande pilone di Ramses II”. Ancora una volta vediamo gli Apiru in schiavitù in Egitto ai tempi di Ramses II, utilizzati per le grandi opere edilizie.

I riferimenti agli Apiru nei documenti e monumenti egizi segnalano la loro presenza e la loro importanza sociale per più di tre secoli. Questa stessa gente è menzionata altrove come “Habiru” o “Habiri”.

Er-Heba, governatore egizio di Yerushalaym, scrisse una serie di lettere al Faraone, in cui si lamentava degli “Habiru”, i quali saccheggiavano le terre del re. Er-Heba voleva sapere perché il re li lasciava agire in questo modo, senza mandare arcieri per proteggere i suoi propri domini, perché se egli non inviava con urgenza l’esercito, tutta la terra sarebbe caduta sotto gli Habiru.

Questi eventi sembrano coincidere con quelli descritti nel Libro di Yehoshua (Giosué), il che collocherebbe l’Esodo prima del quattordicesimo secolo b.c.e., in accordo con la datazione più accettata.

Molti studiosi si sono interessati sulle incursioni degli Habiri in Canaan meridionale; i quali tendono a sostenere che la presenza degli Israeliti in quella zona avvenne più tardi. Tuttavia, nei capitoli 10 al 12 del Libro di Yehoshua è descritta precisamente la conquista di quella regione, menzionando gli stessi nomi riportati nelle tavolette di Amarna, inclusi Lachish, Gezer, Gath, ed il re di Yerushalaym. In una delle tavolette si può leggere come era la situazione: “Guardate ciò che Milkilu e Shuwardata hanno fatto alla terra del re mio signore! Essi hanno truppe di Gezer, truppe di Gath, e truppe di Qeila. Essi hanno preso la terra di Rubute. La terra del re è caduta in mano degli Habiri. Adesso, anche una città del distretto di Urusalim (Yerushalaym), chiamata Bit-nin’ib, una città del re, è passata dalla parte del popolo di Qeila. Ascolti il re il suo servo Er-Heba, e mandi un esercito di arcieri che possa riprendere la terra del re. Perché senza un esercito di arcieri, la terra del re passerà in mano agli Habiri.”.

L’identificazione dei gruppi denominati Habiri e le loro attività corrispondono esattamente con la conquista di Canaan descritta nel Libro di Yehoshua. Le lettere di Amarna indicano che questa categoria di persone (gli Habiri) aveva uno status particolare nel Medio Oriente. Tutti questi documenti portano ad identificarli con gli Israeliti.

Gli Apiru sono ovviamente un popolo riconoscibile, distinto da altri. Se erano Ebrei, non necessariamente erano tutti discendenti dalle dodici Tribù (ovvero, le tredici Tribù), e poteva includere altri gruppi Semitici (probabilmente proprio gli Hyksos che avevano dominato l’Egitto) – Infatti, non solo i figli d’Israele uscirono con Mosheh, ma tutti coloro che si unirono a loro nell’Esodo divennero di fatto parte del popolo d’Israele (Esodo 12:38) e quindi, partecipi della sua eredità spirituale.

L’arco di tempo in cui si menzionano gli Apiru copre un ampio periodo che s’estende anche oltre l’Esodo. Infatti, non tutti loro lasciarono l’Egitto, ma alcuni vi rimasero. Ciò significa che non tutti i Semiti si unirono agli Israeliti, anche se molti di essi decisero di farlo.

Anche se gli Habiru non sembrano essere definiti come un’entità etnica vera e propria, e non hanno neanche una collocazione geografica, sono considerati con particolare riguardo. La menzione degli Habiri in Siria, Fenicia e Canaan suggerisce l’idea che tale termine fosse usato in genere in riferimento alle tribù Semitiche nomadi di quell’area, conosciuti anche come “Aramei erranti” . Essa descrive un ceppo Semitico particolare il quale, secondo il periodo storico, si è diviso in numerose tribù e gruppi etnici diversificati ed identificabili.

I riferimenti più antichi riguardanti gli Habiru provengono dal Sumer e datano dalla Terza Dinastia di Ur, circa l’anno 1760 (2000 b.c.e.). Una caratteristica di questo periodo fu l’espansione dei popoli Semitici, principalmente i gruppi di lingua Akkadica (Assiri, Ebrei, Aramei). In coincidenza con questo afflusso di Semiti, il termine “Habiru/Habiri” incomincia a comparire nei documenti sumeri. Questi li presentano come un elemento nuovo nella società, il cui status legale era difficile di definire – come dire, erano i Gitani dell’epoca.

I documenti sumeri riportano che gli Habiri erano attivi in diverse funzioni sociali, nello stesso modo che gli Israeliti lo erano in Egitto e poi anche nella corte di Nabucodonosor.
Gli scavi di Kultepe ed Alishar in Anatolia portarono alla scoperta di un importante numero di lettere e testi legali, appartenenti a stazioni commerciali degli Assiri nel periodo Akkadico. Fra questi documenti c’è una lettera da un mercante Assiro ad un altro, richiedendo il rilascio di certi Habiri che si trovavano detenuti nel palazzo di Shalahshuwe, non meglio identificato, probabilmente a nord di Alishar. Questa regione è vicina alla residenza della famiglia di Avraham dopo aver lasciato Ur. Da questo antico documento emerge la conclusione che gli Habiri si trovavano già in Anatolia centrale e dimostra l’ampia dispersione di questo popolo prima dei tempi di Avraham. Si rammenta il destinatario di questa lettera che in caso che egli non potesse affrontare il costo della missione, che gli Habiri hanno comunque molto denaro e possono pagare per il proprio rilascio. In ogni caso, l’autore della lettera vuole assicurasi che siano liberati. Egli li tiene in grande stima.

Un regno Amorita dominava la Mesopotamia ai tempi di Avraham, da Babilonia ed Haran fino alle sponde del Mediterraneo (proprio le terre che Avraham percorse da Ur dei Caldei ad Haran e poi Canaan). Questo periodo segnò l’età d’oro della città di Mari, che comprendeva alcuni stati minori tra i quali compaiono alcuni governanti Habiri. Uno dei documenti riporta che Yapah Adad costruì la città di Zallul sulle rive dell’Eufrate e, con 2000 soldati Habiri, vi si stabilì. In un altro documento, Izinabu, un capo Yamubalita, aveva a carico 30 Habiru. In un’altra lettera in cui l’identità del mittente e del destinatario si è persa, parla di “3000 asini degli Habiri” (Notare l’importanza dell’uso degli asini da parte delle tribù Ebraiche secondo la Bibbia). In altre lettere gli Habiru durante la notte presero la città di Yahmumam e saccheggiarono Luhaya prendendo 500 pecore e 10 uomini. Gli Habiri erano quindi una parte riconoscibile della popolazione.

Gli Habiru sono nominati pure in molti documenti del regno Hurrita di Nuzi, dove erano un componente importante della società. E’ particolarmente interessante il fatto che i popoli antichi attribuivano agli Habiru una misteriosa relazione con la Divinità. In documenti degli Hittiti si trovano lunghe liste di dèi invocati per proteggere i trattati, che includono molte divinità di diversi paesi e popoli. In un trattato con l’Egitto, si trova una curiosa invocazione che conclude l’elenco degli dèi nominati: “e gli Dèi degli Habiri...”. E’ significativo il fatto che gli Elohim Hapiru/Habiri sono nominati come distinti dagli altri, e benché non sono identificati per Nome, non possono essere dimenticati.

La stessa particolarità è stata trovata in templi assiri, in cui gli Habiru sono menzionati in mezzo alle deità. Una tale menzione degli Habiru nell’elenco degli dèi indica esplicitamente che erano considerati d’origine divina. Erano diversi dalla gente comune, compresi regnanti e magistrati. In vari testi assiri di presagi astrologici si parla degli Habiri in associazione con nefasti fenomeni celesti e sconosciute sciagure. Si credeva infatti che avessero dei poteri divini.

Anche in Egitto il nome Apir compare in diversi testi associato a dei nomi divini; intendendo appunto delle deità degli Apiru. Dall’Anatolia alla Mesopotamia all’Egitto, gli Habiri erano considerati con speciale riguardo in quanto al loro status sociale e religioso. In base alle evidenze storiche, l’associazione degli Habiri con la divinità non può essere trascurata. Anche se l’esatto significato di questi riferimenti non è completamente conosciuto, non sarebbe stato possibile per le persone che vivevano, lavoravano, viaggiavano e commerciavano con gli Habiri ignorare il loro rapporto con la Divinità. Questo fatto doveva essere presente nella mente di tutti, universalmente riconosciuto ed accettato. Erano di una stirpe particolare, un “Popolo Eletto”.

Il risultato di questa ricerca ci porta alle seguenti conclusioni:

Gli Habiri esistevano già in tempi remoti, e sono presenti nei documenti più antichi giunti alla nostra conoscenza, secoli prima di Avraham. Erano dispersi in tutto il Medio Oriente, dall’Egitto alla Mesopotamia, alle estremità dell’Assiria, lungo le coste del Mediterraneo attraverso Canaan, e nelle regioni dell’Anatolia. Non erano limitati ad alcun’area geografica, nazione o categoria sociale; sono presenti in ogni livello della società, in diverse attività. Solitamente viaggiavano da un paese ad altro. Gli spostamenti di Terah, Avraham, ed altri membri di quella famiglia erano coerenti con le abitudini del popolo Habiri. Per questo motivo i Sumeri cercavano di definire il loro ruolo nella società (apparentemente senza riuscirci). Erano veramente degli “Aramei erranti”, anche se la loro origine è Akkadia/Assira, essendo discendenti di Arphakshad e non di Aram. Tuttavia, questi “Aramei erranti” sono stati il mezzo per cui ci è stata trasmessa la memoria linguistica dell’antico mondo semitico. Hanno sicuramente svolto un ruolo fondamentale nel ricollegarci con la storia più remota dell’umanità. Essi hanno anche portato una linea genetica dai tempi storici, con Avraham scelto come rappresentante della stirpe benedetta.

Gli Habiru avevano una Deità il cui Nome era sconosciuto agli altri popoli e ad essi stessi, perché il Nome non fu rivelato a nessuno prima di Mosheh Rabainu. Il fatto che il Nome della loro Divinità era sconosciuto costituisce un’altra prova per identificarli con “i figli di Ever”.

Le evidenze documentate dimostrano che erano socialmente flessibili ed estremamente versatili, e che erano trattati con riguardo. Gli Habiri non avevano un posto fisso nell’ordinamento sociale della comunità dove vivevano; erano accettati come degli stranieri, non come parte del popolo.

I “figli di Ever” erano molti popoli. Ever era padre di tutti i Yoqtaniti, ma l’eredità spirituale “Habiru” fu trasmessa a suo figlio Peleg, da cui provennero Avraham e i suoi fratelli. Avraham procurò a suo figlio Yitzhak una moglie appartenente alla sua stessa famiglia, mentre Yishmael sposò una Egizia e la tradizione Habiru non proseguì attraverso di lui. Gli altri figli di Avraham, che egli ebbe da Qeturah, sembrano aver solo parzialmente continuato la linea abrahamica, cioè, alcuni dei Madianiti (i Qenei, dei quali era Yethro, suocero di Mosheh Rabainu) ed alcuni Yoqshaniti (gli Asshurim, Lethushim e Le’ummim) continuarono ad essere Habiru. Yitzhak seguì l’esempio di suo padre e mandò a prendere come moglie per suo figlio Ya’kov una figlia di Betuel, suo cognato.

Quando il termine “Habiru” scompare dai documenti antichi, inizia a presentarsi il nome “Ivri” (Ebrei), ma con connotazioni molto più ristrette, cioè, solo in riferimento agli Israeliti. Apparentemente gli Habiru persero la loro particolare identità. Essendosi assimilati tramite matrimoni misti con gli altri popoli, non erano più identificabili. Gli Ebrei cercarono di preservare la linea genetica, conservando la distinzione come Habiri. Della forza di una tale consapevolezza sono testimoni oggi i Giudei che credono nell’adempimento delle promesse bibliche e riaffermano il diritto al possesso della terra di Avraham.

Le Tribù Ebree erano Habiru, ma non tutti gli Habiru erano Ebrei. Gli Israeliti provennero da quel popolo speciale, acquisendo il nome “Ivri”. L’affermazione in Bereshyit che “Shem è il padre di tutti i figli di Ever” adesso ha un significato diverso. Gli Ebrei/Habiri erano i figli di Ever, come linea genetica riportata dagli scribi. Questa breve rassegna ci da un panorama concernente l’origine del popolo Ebreo, i Figli di Israele, dandoci una chiave per comprendere l’elezione di Avraham, l’ “Habiru” come il “Padre di molte nazioni”. Possiamo quindi capire come Avraham era sia un Ebreo (Habiru), sia il padre degli Ebrei (Israeliti).

Gli Israeliti non chiamavano sé stessi “Ivri” (Ebrei), ma erano denominati così dagli gli altri popoli, che con quel termine riconoscevano la loro origine etnica. Gli Ebrei si identificavano come “Bney Yisrael”, Figli di Israele. Tutti gli altri “Ebrei” sono per loro come qualsiasi altro popolo, cioè “Goyim”, “gentili”. Gli Ismaeliti, i Madianiti, gli Edomiti, etc. erano e sono gentili, malgrado la loro origine comune con gli Israeliti.

Tuttavia, in Egitto qualcosa è cambiato: Ai discendenti naturali di Yakov si aggiunsero altri popoli, probabilmente Semitici (ma non necessariamente), i quali uscirono dall’Egitto nell’Esodo, e quindi divennero Israeliti. Infatti, nella celebrazione della Pesach era stabilito sin dall’inizio che gli stranieri che abitano in mezzo al popolo, se sono circoncisi, ovvero, aderenti al Patto Abrahamico, -“Gerim”- ne devono essere partecipi (Esodo 12:48-49). Questi Gerim erano presenti nel Sinai e ricevettero la Torah: da quel momento, essi divennero a tutti gli effetti “Figli di Israele”. Questa è la conclusione della prima fase di costituzione dell’identità ebraica/israelitica: Dall’originale massa di popoli Ebrei, ai quali apparteneva lo stesso Avraham, si riduce ai soli discendenti di Yakov, e di essi soltanto a coloro che parteciparono nell’Esodo – se ci sono stati dei suoi discendenti che invece rimasero in Egitto, o sono andati altrove, essi non sono più considerati Ebrei. L’identità ebraica è quindi determinata da due componenti: una linea genetica ed un’eredità spirituale. Nel principio, la continuità genetica era fondamentale – riservata esclusivamente all’etnia di Avraham, essendo il matrimonio misto un fattore determinante per l’esclusione. Da Yakov in poi, l’ebraicità passò ad essere fondamentalmente una successione in cui il carattere spirituale divenne prevalente, accostato ad una continuità genetica non più esclusiva, anzi, l’essere Ebreo, cioè, Israelita, fu determinato dall’aver ricevuto la Torah, sia per i discendenti naturali di Israele che per coloro che non lo erano. Questo concetto di adozione ha inizio nella propria famiglia di Yakov. Dal punto di vista puramente genetico, Efrayim e Menasheh, figli di Yosef, erano esattamente uguali a Yishmael: padre Ebreo e madre Egizia (Avraham-Hagar/Yosef-Asenat). Infatti, Efrayim e Menasheh sono stati “Arabi” come Ismaele, fino a quando Yakov li adottò come figli propri. Solo allora essi divennero Ebrei (Genesi 48:5).

Lo schema genealogico sopra illustra l’aspetto determinante dell’eredità spirituale nella formazione del popolo di Israele, prevalente su quello puramente etnico.

Quindi, l’essere Ebreo richiede innanzitutto l’adesione a due Patti: quello Abrahamico (la circoncisione) e quello Mosaico (la Torah); chiunque soddisfa questi requisiti, può essere considerato legittimamente un Ebreo, ovvero, un Israelita. Il fondamento dell’identità ebraica si stabilisce in forma definitiva quando la Torah scritta è ricevuta dal popolo radunato nel Sinai, cioè i discendenti di Yakov ed i Gerim circoncisi, tutti i quali si identificano come il popolo di Israele, e nell’appartenenza ad una delle sue tredici Tribù (dodici nelle quali i Gerim potevano essere inclusi, più i Leviti, i quali devono conservare la successione genetica perché adibiti alle funzioni di culto).

In principio, tutti gli Israeliti erano tali in virtù dell’osservanza di questi requisiti, ma dei fatti storici successivi determinarono che la prerogativa d’essere Ebrei fosse ridotta a solo una parte di questo popolo. Infatti, dopo alcuni secoli, il termine “Ebreo” o “Israelita” divenne sinonimo di “Giudeo”. Questo è risultato dell’importanza fondamentale del fattore spirituale come determinante dell’eredità ebraica.

In terra di Canaan si svolge la seconda fase della storia spirituale del popolo Ebreo.
Qui, una delle Tribù si dimostra più intraprendente delle altre, più efficiente nella conquista della propria terra, e con il tempo anche più fedele alla Torah: la Tribù di Yehudah.
Anche se la purezza etnica non era più un fattore determinante come nei tempi di Avraham, era tuttavia sconsigliato agli Israeliti contrarre matrimonio con coloro che non appartenevano al popolo, cioè, quelli che non riconoscevano la Torah, perché questo avrebbe portato i loro discendenti a dimenticare il Patto Mosaico e di conseguenza a perdere l’eredità spirituale ebraica.

Una volta stabilitisi in Canaan, solo la Tribù di Yehudah occupò completamente il suo territorio, tutte le altre convissero insieme ai Cananei, e non li cacciarono com’era stato loro comandato. Nel libro dei Giudici, infatti, Yehudah non è coinvolta nell’alternarsi di periodi di indipendenza e di dominazione straniera, e sembra aver goduto di stabilità. Ad esempio, nel cantico di Devorah, che elogia le Tribù che hanno partecipato alla guerra di liberazione e rimprovera quelle che invece non ne hanno preso parte, non nomina Yehudah. L’assenza di Yehudah come protagonista nel periodo dei Giudici sta ad indicare che era già di fatto un’entità politica definita. Si fu così delineando una divisione all’interno della nazione Ebrea in due popoli, che in termini biblici si definiscono come “Casa di Israele” e “Casa di Yehudah”, denominazioni che trascendono le appartenenze tribali e si riferiscono piuttosto a delle realtà spirituali. Le differenze e rivalità fra queste due entità portò alla secessione post-salomonica del Regno di Israele.
Infatti, fu l’unificazione degli Israeliti in un solo Regno il fatto eccezionale, e non la susseguente divisione, perché l’esistenza delle due Case era già evidente quando Shaul fu eletto il primo re. La costituzione di tutte le Tribù in un unico regno presupponeva il consolidamento dell’unità nazionale, ma esaminando i seguenti versi delle Scritture, possiamo capire che la Casa di Israele e la Casa di Yehudah erano già entità definite ed erano considerate come due popoli:

Shaul li passò in rassegna a Bezeq: i figli d’Israele erano trecentomila e gli uomini di Yehudah trentamila.” – 1Samuele 11:8
Allora gli uomini d’Israele e di Yehudah si alzarono, lanciarono il grido di guerra, e inseguirono i Filistei fino all’ingresso di Gat e alle porte di Ekron. I Filistei feriti a morte caddero sulla via di Shaarayim, fino a Gat e fino ad Ekron.” – 1Samuele 17:52
Ma tutto Israele e Yehudah amavano David, perché andava e veniva alla loro testa.” – 1Samuele 18:16

Shaul, il primo re d’Israele, della Tribù di Binyamin (scelto non a caso da questa, la più piccola ed il cui territorio era in mezzo a Yehudah ed Efrayim, le due Tribù prevalenti), contava gli uomini di Yehudah separatamente da quelli d’Israele, come un corpo “alleato” del suo esercito. Dopo di lui fu scelto re David, che essendo della tribù di Yehudah, non fu confermato dal resto d’Israele sino dopo sette anni e mezzo, quando gli anziani d’Israele “fecero alleanza” con lui (2Shmuel 5:1-4).

Ishboshet, figlio di Shaul, aveva quarant’anni quando fu fatto re d’Israele, e regnò due anni. Ma la Casa di Yehudah seguì David. David regnò a Hevron nella Casa di Yehudah per sette anni e sei mesi.” – 2Samuele 2:10-11
Trasferendo il regno della casa di Shaul alla sua, stabilendo il trono di David sopra Israele e sopra Yehudah, da Dan, fino a Beer-Sheva.” – 2Samuele 3:10
Così tutti gli anziani d’Israele vennero dal re a Hevron e il re David fece alleanza con loro a Hevron in presenza di HaShem; ed essi unsero David come re d’Israele.” – 2Samuele 5:3
Da Hevron regnò su Yehudah sette anni e sei mesi e da Yerushalaym regnò trentatre anni su tutto Israele e Yehudah.” – 2Samuele 5:5

Anche durante il regno di David, saldamente unificato, le due Case rimangono distinte e sono nominate insieme quando si fa riferimento all’intera nazione:

Uriyah rispose a David: «L’Arca, Israele e Yehudah stanno sotto le tende, Yoav mio signore e i suoi servi sono accampati in aperta campagna e io entrerei in casa mia per mangiare, bere e per coricarmi con mia moglie? Com’è vero che HaShem vive e che anche tu vivi, io non farò questo!»” – 2Samuele 11:11

Un altro elemento altamente significativo era la presenza dell’Arca dell’Alleanza, in quanto simbolo concreto del Patto stabilito in Sinai. La sua collocazione nel Tempio sarà determinante per il destino delle due Case, come vedremo più avanti. Infatti, è interessante notare che la Casa di Israele all’inizio conservò la sua fedeltà a Elohim dovuto al fatto che l’Arca dell’Alleanza dimorava in territorio di Efrayim:

Shaul disse ad Ahiyah: «Fa’ accostare l’Arca di Elohim!» - Infatti l’Arca di Elohim era allora con i figli d’Israele.” – 1Samuele 14:18

L’autore scrive nel tempo in cui l’Arca era stata definitivamente collocata nel Tempio a Yerushalaym, quindi, nella nuova capitale di Yehudah, e specifica che allora (nei tempi dei Giudici e dei re Shaul e David), era presso “i figli d’Israele”.

Ritorniamo ancora al periodo in cui tutto Israele era costituito in un unico Regno: David conquistò Yerushalaym (che era in territorio di Binyamin) e la scelse come capitale del Regno di Israele, seguendo la strategia politica di non collocare il centro del potere in Yehudah per poter mantenere l’unità di tutte le Tribù. Poi pianificò di costruirvi il Tempio, opera che affidò a suo figlio e successore nel trono, Shlomoh (Salomone). Il Tempio fu costruito a Yerushalaym, e vi fu posta l’Arca dell’Alleanza.

A questo punto, si aggiunge un elemento che completa questa seconda fase di formazione dell’identità ebraica: la fedeltà al Patto Davidico, o tradotta in termini pratici, a Yerushalaym e al Tempio. Questo elemento è fondamentale per poter distinguere la vera natura della Casa di Israele e della Casa di Yehudah, trattandosi di un’eredità spirituale piuttosto che dell’appartenenza tribale.
Alla morte di Salomone, la Casa di Israele -rappresentata territorialmente da dieci Tribù- si costituì in regno indipendente. Come è già stato riferito prima, la divisione del Regno non è l’origine della differenza tra le due Case, bensì la conseguenza. Yerushalaym ed il Tempio, elementi fondamentali per l’identità ebraica, si trovavano nel Regno di Yehudah. Il Regno di Israele rimase quindi privo di questi fattori essenziali che permettevano al proprio popolo di “continuare ad essere Ebrei”. Tuttavia, non era vietato ai suoi abitanti di continuare a celebrare il culto ed osservare il Patto, né di salire a Yerushalaym ed adorare nel Tempio. Fu piuttosto una scelta politica del primo re secessionista, quella di rifiutare Yerushalaym ed il Tempio, e di crearsi una “nuova identità”. Così Yarov’am decise di “riformare” il culto ebraico, precisamente perché l’Arca non era più presso “i figli d’Israele” ma in territorio di Yehudah, e temeva che il popolo andasse a Yerushalaym e quindi ritornasse sotto i re di Yehudah (1Re 12:26-28).
Questa scelta di Yarov’am generò uno spostamento di popolazione, perchè gli abitanti del Regno di Israele che vollero rimanere fedeli a Yerushalaym e al Tempio, e quasi tutti i Leviti, dovettero trasferirsi al Regno di Yehudah. In questo modo, la Casa di Yehudah conta con rappresentanti di tutte le Tribù di Israele, “Giudei” in quanto fedeli alla Torah, al Tempio ed a Yerushalaym, e non necessariamente perché siano della Tribù di Yehudah.
Durante un periodo diversi Profeti, tra cui Eliyahu ed Elisha, cercarono di riportare il popolo del Regno di Israele alla Torah, ma alla fine il regno cadde in mano agli Assiri, che ne deportarono la popolazione in territori lontani, verso l’oriente dell’Impero Assiro. Il Regno di Israele scomparve per sempre dalla storia. Tuttavia, la fine del Regno d’Israele non implica quella della Casa di Israele. Questo evento è anche l’origine del mito delle
“Tribù Perdute”, ma non è esatto identificare le Case su una base puramente tribale, perché molti appartenenti alle Tribù del Nord si stabilirono nel Regno di Yehudah per rimanere fedeli alla Torah ed al Tempio – altri d’Israele abitavano già in territorio di Yehudah (1Re 12:17; 1Cronache 9:3); altri si rifugiarono in Yehudah dopo la prima deportazione sotto Tiglatpileser III quando la caduta definitiva di Samaria era imminente. Infatti, nel tempo dei re Hizqiyahu (Ezechia) e Yoshiyahu (Giosia), dopo la deportazione della Casa di Israele in Assiria, si parla della presenza di tutte le Tribù nel Regno di Yehudah – 2Cronache cap. 30, 31 e 34. Anche la Tribù di Binyamin fu “annessa” a Yehudah, e fa parte della Casa di Yehudah. I Leviti rimangono come Tribù sacerdotale nel seno della Casa di Yehudah.

Centovent’anni dopo, anche il Regno di Yehudah cadde in mano ai Babilonesi, la sua capitale Yerushalaym ed il Tempio sono stati distrutti, e la sua popolazione deportata in Babilonia. Tuttavia, rimase nel popolo la speranza del ritorno e la fedeltà al Patto Davidico nell’aspettazione di ricostruire la città ed il Tempio. Quando entrambi i popoli erano in esilio, ancora un Profeta di Yehudah, Yehezkel, fu inviato agli esuli della Casa di Israele in Assiria. Durante l’esilio, i discendenti dei deportati dell’ex-Regno di Israele e gli esuli del Regno di Yehudah erano ritenuti lo stesso popolo dai re Persiani, che succedettero ai Babilonesi nel governo dell’Impero; esuli ereditati dagli Assiro-Caldei. Il primo re Persiano, Koresh (Ciro), concesse a tutti coloro che volessero di ritornare nella loro terra e ricostruire Yerushalaym. L’invito non riguardava esclusivamente gli ultimi arrivati, cioè, quelli dell’ex-Regno di Yehudah, ma tutti. Nondimeno, questo ritorno implicava la restaurazione non di due stati, ma di uno solo, con capitale in Yerushalaym. In questo contesto, alcuni o molti dei discendenti dei deportati del Regno di Israele scelsero di riconoscere la loro identità, intrinsecamente legata al Patto Davidico, quindi a Yerushalaym e non a Samaria, e ritornarono alla loro terra, terra che, da ormai due secoli non si chiamava più Israele ma Yehudah. Quindi, tutti gli Ebrei che si riconoscevano nella Torah, in Yerushalaym ed il Tempio, erano identificati come “Giudei”. Così costoro, che fino a quel momento appartenevano alla Casa di Israele, passarono ad essere membri della Casa di Yehudah, perché l’eredità spirituale che passò da Avraham a Yitzhak piuttosto che a Yishmael, da Yitzhak a Yakov piuttosto che ad Esau, era passata alla Casa di Yehudah piuttosto che a quella di Israele.

Il resto degli Ebrei che non solo non ritornarono più, ma persero di vista anche la loro identità, cioè, la ragione per cui essi erano Ebrei e non Goyim, che è fondamentalmente un fattore spirituale legato alla Torah, si mescolarono con altri popoli e, com’era successo con la maggioranza degli antichi Habiri, divennero dei Goyim, non più Ebrei -ovvero, ciò è accaduto a quelli che spiritualmente appartengono alla Casa di Israele-.

In conclusione, alla domanda “Chi sono gli Ebrei?”, la risposta dipende dal periodo storico in cui viene formulata: nell’origine erano i discendenti di Ever, poi quelli di Avraham, poi gli Israeliti, e dopo l’esilio in Babilonia, soltanto i Giudei, ovvero, tutti gli Israeliti delle dodici Tribù che appartengono alla Casa di Yehudah, mentre che quelli della Casa di Israele sono al giorno d’oggi gentili.
Come nel principio, il termine “Ebreo” ha due connotati diversi: l’uno fisico, etnico, e l’altro spirituale. Soltanto la Casa di Yehudah ha conservato l’eredità spirituale di Avraham, Yitzhak e Yakov, quindi, dal punto di vista spirituale, solo i Giudei sono Ebrei. Considerando l’aspetto genetico invece, se nel principio era indispensabile rimanere all’interno della famiglia di Avraham e Sarah -affinché si formassi una nazione con un’identità definita secondo l’elezione-, nel Patto Sinaitico questa condizione fu abolita, estendendo a tutti i gentili -“Gerim”- che volessero entrare, il diritto a far parte della famiglia d’Israele. Con il Patto Davidico, agli Israeliti è richiesto che si riconosca Yerushalaym come la loro città, e non Samaria o qualcun’altra. Soltanto se la Casa di Israele compie con questo requisito, può essere riunita alla Casa di Yehudah e riacquistare la sua eredità spirituale ebraica. Fino a questo momento, solo i Giudei sono depositari dell’identità ebraica e titolari del nome “Israele”.

Lo schema sopra illustra la linea dell’eredità spirituale dell’Ebraismo, trasmessa soltanto a coloro dei discendenti che osservavano i parametri stabiliti per averne titolo. In diversi periodi, ne rimasero esclusi gli Ismaeliti, gli Idumei e per ultimo, quella parte degli Israeliti che rifiutò il patto Davidico.

Benché sia stato esposto che l’ebraicità è fondamentalmente una successione di carattere spirituale, essa rimane comunque una caratteristica esclusiva dei Giudei. Ebreo o Israelita può esserlo soltanto un Giudeo. Non ha alcun valore la teoria cristiana dell’“Israele spirituale”, con cui si pretende spodestare i Giudei del loro legittimo diritto ed usurpare l’eredità spirituale che appartiene soltanto a coloro che osservano la Torah. La Casa di Israele fu esclusa da tale diritto semplicemente perché mancante di questa condizione fondamentale. Gli Israeliti ribelli del Nord credevano nello stesso Elohim di quelli di Yehudah, e formalmente riconoscevano le stesse Scritture, ma non le osservavano. Nella stessa maniera, il cristianesimo crede nello stesso Elohim dei Giudei, ed ufficialmente riconosce l’ispirazione delle Scritture Ebraiche, ma di fatto nega il carattere eterno ed universale delle stesse, e si rifiutano di osservare i comandamenti.
I cristiani non possono reclamare per sè alcun’eredità come “Israele spirituale”. Possono tuttavia tecnicamente identificarsi con la “Casa di Israele” in quanto così come il Regno del Nord adottò un sistema religioso fondato parzialmente sulla Torah, ma con le connotazioni delle religioni dei gentili, il cristianesimo è fondato sulla Bibbia, ma insegna che i comandamenti stabiliti in essa non sono più validi.
L’eredità spirituale si può ottenere soltanto se si aderisce prima al Patto Abrahamico (tramite la circoncisione) e poi al Patto Mosaico (l’osservanza della Torah). Queste sono le condizioni per il ristabilimento di coloro che discendono da quelli che una volta erano Ebrei e persero tale identità, i quali, non potendo essere ormai riconosciuti con certezza, possono ritornare ad essere Ebrei nello stesso modo che un gentile può volontariamente diventare Giudeo.