lunedì 26 aprile 2010

La lettera ai Romani

La lettera ai Romani

Parte I

Di tutte le epistole paoline, la lettera di Shaul ai Romani è il suo capolavoro teologico e letterario, giungendo all’apice nell’allegoria dei due ulivi. In essa egli spiega esattamente il contrario di ciò che la dottrina della chiesa intende... Questa è una lettera in cui l’apostolo considera gli opposti secondo un’ottica messianica e spiega il piano di salvezza per l’umanità, enfatizzando la missione salvifica d’Israele.
Io sono debitore tanto ai Greci quanto ai Barbari, tanto ai savî quanto agli ignoranti; ond’è che, per quanto sta in me, io sono pronto ad annunziar l’Evangelo anche a voi che siete in Roma. Poiché io non mi vergogno dell’Evangelo; perché esso è potenza d’Elohim per la salvezza d’ogni credente; del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia d’Elohim è rivelata da fede a fede, secondo che è scritto: “Ma il giusto vivrà per fede”. (1:14-17)
Con queste frasi Shaul inizia a presentare le coppie d’opposti (o di termini complementari), i quali ricorrono in questa ed altre sue epistole: Greci/Barbari, savî/ignoranti, Giudeo/Greco ‒ sottolineando in questo caso che il Giudeo ha la precedenza. In questo contesto, nomina anche i Romani, non opponendoli ad alcuno. Egli annuncia loro l’Evangelo: ma qual’era l’Evangelo che Shaul proclamava? Erano essi le Scritture, o qualche insegnamento nuovo? Cos’aveva ricevuto da Yeshua? Nell’introduzione di questa lettera, Shaul dice ai Romani che “l’Evangelo d’Elohim, ch’Egli aveva già promesso per mezzo dei Suoi Profeti nelle Sante Scritture... per trarre all’ubbidienza della fede tutti i gentili, per amor del Suo Nome” (1:1,2,15) è quello ch’egli annuncia. Quindi, non un nuovo messaggio, ma quello che era già scritto nella Torah, i Profeti e gli Scritti ‒ quello era l’ʹEvangeloʹ, perché, rammento, quello che noi conosciamo oggi con lo stesso nome non era ancora stato scritto, oppure, era in corso di scrittura. Il messaggio ch’egli annuncia ai Romani si fonda sul versetto che accese la miccia d’ispirazione alla Riforma Protestante: “il giusto vivrà per fede”. Questa dichiarazione che costituisce il fondamento dell’intera dottrina evangelica, è scritto in Havakuk 2:4 ‒ non è un verso originale del Nuovo Testamento, bensì, appartiene al patrimonio del Giudaismo! Quindi, ciò che Paolo predica ai gentili non è altro che la fede ebraica, la stessa che Yeshua praticò ed insegnò. È in questo senso che l’Evangelo è la potenza d’Elohim per la salvezza dei Giudei, perché essi l’avevano già ricevuto nella Torah e sono stati i primi a conoscere la redenzione per fede nell’Onnipotente d’Israele, loro Salvatore (1Shmuel 14:39; 2Shmuel 22:3; Salmo 18:2; Yehsayahu 43:3,11; 45:15,21; 49:26; 60:16; Hoshea 13:4), e non come pretendono i cristiani, che i Giudei debbano accettare l’ʹEvangeloʹ neotestamentario, il quale è arrivato poi ai gentili affinché anch’essi potessero conoscere la grazia d’Elohim, com’è scritto, rivelata da fede a fede, ovvero, dalla fede mosaica d’Israele alla fede messianica universale. In seguito, l’apostolo spiega l’origine dell’ingiustizia universale e la condanna dei gentili per la loro disubbidienza e l’elezione e responsabilità dei Giudei.
1:18 Poiché l’ira d’Elohim si rivela dal cielo contro ogni empietà ed ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia; 19 infatti quel che si può conoscer d’Elohim è manifesto in loro, avendolo Elohim loro manifestato; 20 poiché le perfezioni invisibili di Lui, la Sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere Sue; 21 ond’è che essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Elohim, non L’hanno glorificato come Elohim, né L’hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti, e l’insensato loro cuore s’è ottenebrato. 22 Dicendosi savî, sono divenuti stolti, 23 e hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Elohim in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, e d’uccelli e di quadrupedi e di rettili. 24 Per questo, Elohim li ha abbandonati, nelle concupiscenze dei loro cuori, all’impurità, perché vituperassero fra loro i loro corpi; 25 essi, che hanno mutato la verità d’Elohim in menzogna, e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen.
Qui l’apostolo spiega che l’intera umanità aveva conosciuto Elohim e tuttavia hanno preferito erigersi i propri idoli, per questo motivo i gentili sono stati diseredati ed esclusi dai Patti ‒ non perché Egli non si sia manifestato a loro, ma perché essi non L’hanno voluto ricevere. Uno dei problemi irrisolti per la soteriologia cristiana riguarda la salvezza dei popoli che non hanno mai avuto la possibilità d’udire il messaggio dell’Evangelo (per esempio, gl’Indiani d’America prima dell’arrivo degli europei); può Elohim condannarli perché non hanno ricevuto l’Evangelo? Certamente, no. Tuttavia, esistono dei parametri sui quali Elohim esegue il Suo giusto giudizio: in ogni popolo ci sono stati quei pochi che non si sono allineati con l’idolatria ufficiale, coloro che conservavano ancora la conoscenza del Creatore. Quando questi pochi non c’erano più, era decretata la fine di quel popolo (abbiamo un esempio in Sodoma e Amorah, nelle quali non c’era più alcun giusto, o nei Cananei, i quali dovevano essere combattuti solo quando la loro empietà fosse arrivata al limite ‒ Genesi 18:26-33; 15:16). Questi erano giudicati secondo la Legge che l’Eterno aveva dato all’uomo sin dalla Creazione, per cui l’uomo era in grado di discernere il bene ed il male.
1:26 Perciò Elohim li ha abbandonati a passioni infami: poiché le loro femmine hanno mutato l’uso naturale in quello che è contro natura, 27 e similmente anche i maschi, lasciando l’uso naturale della donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri, commettendo uomini con uomini cose turpi, e ricevendo in loro stessi la condanna meritata del proprio traviamento. 28 E siccome non si sono curati di ritenere la conoscenza d’Elohim, Elohim li ha abbandonati ad una mente reproba, perché facessero le cose che sono sconvenienti, 29 essendo essi ricolmi d’ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d’invidia, d’omicidio, di contesa, di frode, di malignità; 30 delatori, maldicenti, abominevoli ad Elohim, insolenti, superbi, vanagloriosi, inventori di mali, disubbidienti ai genitori, 31 insensati, senza fede nei Patti, senza affezione naturale, spietati; 32 i quali, pur conoscendo che secondo il giudizio d’Elohim quelli che fanno codeste cose sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le commette.
Generalmente si pensa che la Torah fu rivelata a Mosheh: quindi, nei tempi precedenti come faceva Elohim a giudicare? In realtà, la Torah fu data per iscritto al popolo d’Israele perchè no dimenticasse la Legge eterna d’Elohim come gli altri popoli avevano fatto, ma essa esisteva già, ed era stata rivelata sin dalla Creazione. Non è stato Mosheh il primo a stabilire il comandamento di non uccidere, ma già Kayin lo conosceva, e seppe d’essere colpevole d’aver ucciso suo fratello Hevel. Noach sapeva quali animali erano puri e quali impuri prima di farli entrare nell’arca. Per questo anche i gentili, pur non avendo ricevuto la Torah da Mosheh, sono ugualmente responsabili. L’umanità intera, conoscendo la Legge, ha scelto liberamente di disubbidire ai comandamenti e d’attuare tutto ciò ch’è contrario alla Torah. È ribadito il concetto che avevano conoscenza d’Elohim e del Suo giudizio, e che non ebbero fede nei Patti. Non hanno rispettato il Patto Noachico, al quale appartiene l’intera umanità ‒ e per questo motivo si richiede ai gentili d’osservare almeno questo Patto («Non mangerete carne con la vita sua, cioè col suo sangue. E, certo, Io chiederò conto del vostro sangue, del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto ad ogni animale; e chiederò conto della vita dell’uomo alla mano dell’uomo, alla mano d’ogni suo fratello. Il sangue di chiunque spargerà il sangue dell’uomo sarà sparso dall’uomo, perché Elohim ha fatto l’uomo a immagine Sua» ‒ Genesi 9:4-6); i discendenti d’Avraham, ad eccezione dei Giudei, non ebbero fede nel patto Avrahamico e sono divenuti gentili; i cristiani ancora non hanno fede nel Patto Mosaico e pensano d’essere giustificati trasgredendo la Torah.
2:4 Disprezzi tu le ricchezze della Sua benignità, della Sua pazienza e della Sua longanimità, non riconoscendo che la benignità d’Elohim ti trae a ravvedimento? 5 Tu invece, seguendo la tua durezza e il tuo cuore impenitente, t’accumuli un tesoro d’ira, per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio d’Elohim, 6 il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: 7 vita eterna a quelli che con la perseveranza nel bene operare cercano gloria e onore e immortalità; 8 ma a quelli che sono contenziosi e non ubbidiscono alla verità ma ubbidiscono alla ingiustizia, ira e indignazione. 9 Tribolazione e angoscia sopra ogni anima d’uomo che fa il male; del Giudeo prima, e poi del Greco; 10 ma gloria e onore e pace a chiunque opera bene; al Giudeo prima e poi al Greco; 11 poiché dinanzi ad Elohim non c’è riguardo a persone.
Elohim renderà la vita eterna a coloro che persevereranno nelle buone opere cercando la gloria! Ma come! Non è che la salvezza s’ottiene per grazia e non per opere perché nessuno si glorî?! (Efesini 2:8-9) Bisogna che Paolo si metta d’accordo con sé stesso, oppure che si spieghi meglio, o magari, che i cristiani lo sappiano interpretare... Infatti, non c’è un’incoerenza tra queste due affermazioni, perchè anche qui dice che la benignità d’Elohim porta al ravvedimento ‒questa è la grazia, che non viene da voi, ma è dono d’Elohim, come dice in Efesini 2:8‒, ma il ravvedimento implica riconoscere aver trasgredito la Torah, perché il peccato è la violazione della Torah (1Yohanan 3:4), dopodichè bisogna non peccare più (Yohanan 5:14; 8:11), quindi non violare la Torah, ossia, osservare la Torah. Così facendo, chi si è ravveduto per grazia avrà ottenuto fede, quindi metterà in pratica le buone opere anziché considerarsi “libero dalla Legge”. Infatti, la conoscenza della Torah colloca il Giudeo al primo posto, conoscenza che giunge al Greco attraverso la predicazione, quindi dopo, e per questo motivo lo eleva alla stessa posizione del Giudeo. Siccome davanti ad Elohim non c’è riguardo a persone, il Greco non avrà più la scusa di non conoscere la Torah, ma sarà giudicato nello stesso modo che il Giudeo. Purtroppo, i cristiani pretendono declassare il Giudeo alla posizione di trasgressore della Torah per metterlo al loro stesso livello, anziché cercare d’elevarsi loro.
2:12 Infatti, tutti coloro che hanno peccato senza Torah, periranno pure senza Torah; e tutti coloro che hanno peccato avendo la Torah, saranno giudicati con la Torah; 13 poiché non quelli che ascoltano la Torah sono giusti dinanzi ad Elohim, ma quelli che l’osservano saranno giustificati. 14 Infatti, quando i gentili che non hanno Torah, adempiono per natura le cose della Torah, essi, che non hanno legge, sono legge a se stessi; 15 essi mostrano che quel che la Torah comanda è scritto nei loro cuori per la testimonianza che rende loro la coscienza, e perché i loro pensieri si accusano od anche si scusano a vicenda.
Quelli che hanno peccato senza Torah”... ma come si fa a peccare senza Torah? Non dice Paolo stesso che “mediante la legge è data la conoscenza del peccato” (Romani 3:20), e “poiché, fino alla legge, il peccato era nel mondo; ma il peccato non è imputato quando non v’è legge” (Romani 5:13)? Allora, perché questi poveri gentili, che hanno peccato senza Torah, periranno? Notare la differenza: quelli senza la Torah periranno, quelli con la Torah saranno giudicati in base a questa. Quelli senza Torah sono già condannati, senza giudizio! In realtà l’uomo senza Torah non esiste, perché già dal primo uomo si ha la conoscenza del bene e del male, quindi, della Torah eterna, in base alla quale tutti saranno giudicati. Quelli che sono senza Torah lo sono perché hanno volontariamente deciso d’ignorare la Torah e perciò periranno. Analizzando il contesto, troveremo che questi senza Torah sono coloro che non si sono curati di ritenere la conoscenza d’Elohim, per questo motivo hanno perso ogni rapporto con la verità e sono stati abbandonati ad una mente reproba. Paolo ribadisce che la giustificazione proviene dall’osservanza della Torah, mentre altrove sostiene che la giustificazione avviene per fede: c’è in questo una contraddizione, oppure si possono conciliare entrambi concetti? Infatti, la giustificazione che inizia con la fede, dev’essere poi completata con l’osservanza della Torah. La grazia non ci libera dalla Torah, ci libera soltanto dalla condanna, la quale è comunque inevitabile se dopo aver ricevuto la grazia s’insiste nel trasgredire la Torah ‒ come un reo che sia stato graziato, questo non significa ch’egli sia libero dalla legge e possa continuare a trasgredirla, perché in quel caso sarà giudicato dalla legge con l’aggravante della recidività.
2:17 Or se tu ti chiami Giudeo, e ti riposi sulla Torah, e ti glorii in Elohim, 18 e conosci la Sua volontà, e discerni la differenza delle cose essendo ammaestrato dalla Torah, 19 e ti persuadi d’esser guida dei ciechi, luce di quelli che sono nelle tenebre, 20 educatore degli scempî, maestro dei fanciulli, perché hai nella Torah la formula della conoscenza e della verità, 21 come mai, dunque, tu che insegni agli altri non insegni a te stesso? Tu che predichi che non si deve rubare, rubi? 22 Tu che dici che non si deve commettere adulterio, commetti adulterio? Tu che hai in abominio gl’idoli, saccheggi i templi? 23 Tu che meni vanto della Torah, disonori Elohim trasgredendo la Torah?
Qui Paolo chiama in causa il Giudeo ‒ed altrettanto fanno i cristiani, questa volta ignorando che “non c’è Giudeo né Greco perché dinanzi ad Elohim non c’è riguardo di persone”‒ in quanto conoscitore della verità, non in quanto al suo essere Giudeo, perché le stesse cose ch’egli reclama possono essere anche domandate da chiunque si vanti d’essere un servitore d’Elohim e non fa la Sua volontà. Potremmo oggi parafrasare questo brano dicendo: “or se tu ti chiami cristiano, e ti riposi sull’Evangelo, ecc. e predichi che non si deve rubare, rubi, ecc.?”. In quel tempo, logicamente, Paolo non poteva prendere come esempio i cristiani perché non c’erano, quindi ha dovuto dare l’unico possibile, il Giudeo. Ciò che conta è che egli enfatizza il fatto che si disonora Elohim trasgredendo la Torah. Sono questi esempi validi soltanto per i Giudei oppure anche per i cristiani? Possono magari i cristiani predicare una cosa e farne un’altra? Possono essi dire «non rubare» e poi rubare? O censurare l’adulterio, e poi commetterlo? Se non è così, allora sorge una domanda: devono i cristiani osservare la Torah o no?
2:24 Poiché, siccome è scritto, il Nome d’Elohim, per causa vostra, è bestemmiato fra i gentili. 25 Infatti ben giova la circoncisione se tu osservi la Torah; ma se tu sei trasgressore della Torah, la tua circoncisione diventa incirconcisione. 26 E se l’incirconciso osserva i precetti della Torah, la sua incirconcisione non sarà essa reputata circoncisione? 27 E così colui che è per natura incirconciso, se adempie la Torah, giudicherà te, che con la lettera e la circoncisione sei un trasgressore della Torah. 28 Poiché Giudeo non è colui che è tale all’esterno; né è circoncisione quella che è esterna, nella carne; 29 ma Giudeo è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, in spirito, non in lettera; d’un tal Giudeo la lode procede non dagli uomini, ma da Elohim.
In questo brano, Paolo esalta il valore della Torah al disopra della circoncisione e delle appartenenze etniche. Continuando con l’esempio precedente, l’apostolo enfatizza il valore dell’operato piuttosto che delle formalità ed apparenze. Molti cristiani mettono in risalto la presunta “circoncisione del cuore” come una scusa, senza capire quello che l’apostolo spiega chiaramente: che colui che è circonciso nel cuore osserva i precetti della Torah! Così com’è inutile avere la circoncisione e la forma esterna del Giudaismo senza metterlo in pratica, è altrettanto inutile avere la forma del cristiano e non osservare i comandamenti. Il Nome d’Elohim è stato bestemmiato fra i gentili semplicemente perché la Casa di Israele aveva smesso d’osservare la Torah. Adesso i cristiani pretendono fare lo stesso senza attirarsi il giudizio divino.
3:1 Qual è dunque il vantaggio del Giudeo? O qual è l’utilità della circoncisione? 2 Grande in ogni maniera; prima di tutto, perché a loro furono affidati gli oracoli d’Elohim. 3 Poiché che vuol dire se alcuni sono stati increduli? Annullerà la loro incredulità la fedeltà d’Elohim? 4 Così non sia; anzi, sia Elohim riconosciuto verace, ma ogni uomo bugiardo, siccome è scritto: “Affinché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole, e resti vincitore quando sei giudicato”.
Non è come i cristiani dicono, che non si deva più praticare la circoncisione ‒ non è necessaria per i gentili, ma è obbligatoria per i Giudei, indipendentemente dal fatto che abbiano riconosciuto Yeshua come Messia o no. Infatti, gli oracoli d’Elohim, le profezie, la Sua Parola non sono stati affidati ai gentili, ma soltanto ai Giudei. Il fatto che ci siano dei Giudei che non hanno creduto alla Torah, non invalida la Torah.
3:19 Or noi sappiamo che tutto quel che la Torah dice, lo dice a quelli che sono nella Torah, affinché ogni bocca sia turata, e tutto il mondo sia sottoposto al giudizio d’Elohim; 20 poiché per le opere della legge nessuno sarà giustificato al Suo cospetto; giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato. 27 Dov’è dunque il vanto? Esso è escluso. Per quale tipo di legge? Delle opere? No, ma per la legge della fede; 28 poiché noi riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede, separatamente dalle opere della Torah. 29 Elohim è Egli forse soltanto l’Elohim dei Giudei? Non è Egli anche l’Elohim dei gentili? Certo, anche dei gentili, 30 poiché v’è un solo Elohim, il quale giustificherà il circonciso per fede, e l’incirconciso parimente mediante la fede. 31 Annulliamo noi dunque la Torah mediante la fede? Così non sia; anzi, stabiliamo la Torah.
Qui Shaul spiega ai Romani ciò che dopo due millenni si deve ancora spiegare ai cristiani: essi (non conoscendo il Giudaismo) credevano che bastasse fare il bene per avere la giustificazione. Avendo poi inteso che la salvezza s’ottiene per grazia, quindi attraverso la fede, essi pensavano che non fosse più necessario osservare la Torah. Questo concetto, sostenuto dalla chiesa, ha condizionato anche le traduzioni, che spesso riportano il verso 28 come segue: “l’uomo è giustificato mediante la fede, senza dalle opere della Torah”; il termine ʹsenzaʹ, in sé ambiguo, è stato interpretato come ʹsostituendoʹ, come se la fede prendesse il posto della Torah, mentre che la traduzione corretta è ʹseparatamenteʹ, ovvero, non sostituendo ma completando, come scrisse Yakov nella sua epistola: “Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta” (Yakov 2:26). Non si può raggiungere la perfezione attraverso le opere della Torah senza avere fede, né la si può ottenere soltanto per fede, senza osservare la Torah. Infatti, come Shaul spiega chiaramente, mediante la fede NON s’annulla la Torah, ma la si conferma, la si stabilisce saldamente! Perché questo concetto è così difficile d’assimilare per i cristiani?... Un’ulteriore difficoltà sorge dall’inesatta traduzione della parola Torah, che viene sempre resa come Legge, senza poi poter distinguere dall’altra parola correttamente tradotta legge. Quest’ultima è appropriata nei termini "legge delle opere" e "legge della fede", perché non hanno riferimento specifico alla Torah.
4:2 Poiché se Avraham è stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che gloriarsi; ma dinanzi ad Elohim egli non ha di che gloriarsi; infatti, che dice la Scrittura? 3 Or Avraham credette ad Elohim, e ciò gli fu messo in conto di giustizia. 4 Or a chi opera, la mercede non è messa in conto di grazia, ma di debito; 5 mentre a chi non opera ma crede in Colui che giustifica l’ingiusto, la sua fede gli è messa in conto di giustizia. 6 Così pure David proclama la beatitudine dell’uomo al quale Elohim imputa la giustizia senza meriti, dicendo: 7 «Beati quelli le cui iniquità sono perdonate, e i cui peccati sono coperti. 8 Beato l’uomo al quale il Signore non imputa il peccato».
La dottrina della salvezza per fede non fu rivelata nella cosiddetta “dispensazione della grazia” ‒concetto antibiblico‒, ma appartiene al patrimonio del Giudaismo, ed anche nei tempi precedenti, alla conoscenza che l’uomo aveva ricevuto da Elohim.
4:9 Poiché noi diciamo che la fede fu ad Avraham messa in conto di giustizia. 10 In che modo dunque gli fu messa in conto? Quand’era circonciso, o quand’era incirconciso? Non quand’era circonciso, ma quand’era incirconciso; 11 poi ricevette il segno della circoncisione, qual suggello della giustizia ottenuta per la fede che aveva quand’era incirconciso, affinché fosse il padre di tutti quelli che credono essendo incirconcisi, onde anche a loro sia messa in conto la giustizia; 12 e il padre dei circoncisi, di quelli, cioè, che non solo sono circoncisi, ma seguono anche le orme della fede del nostro padre Avraham quand’era ancora incirconciso.
Una volta che Avraham era già stato giustificato per fede, per quale motivo ha dovuto poi circoncidersi? Proprio perché avendo creduto, doveva eseguire le opere di giustizia, senza le quali egli avrebbe perso la sua giustificazione per fede. I cristiani non devono illudersi che dopo aver creduto sono già liberi d’ogni responsabilità davanti al loro Salvatore, anzi, hanno il dovere d’eseguire la Sua volontà, che prima non erano in grado di compiere. Avraham è messo come esempio per i gentili, affinché come lui, una volta giustificati per fede possano imitarlo facendo la volontà dell’Eterno, e per i Giudei affinché essi non solo portino il suggello della giustizia esternamente ma abbiano fede nelle promesse. Come risulta evidente, non ci sono elementi che si escludono l’uno con l’altro, ma componenti che si integrano a vicenda.
6:1 Che diremo dunque? Rimarremo noi nel peccato onde la grazia abbondi? 6:2 Così non sia. Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso? 6:6 che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, affinché il corpo del peccato fosse annullato, onde noi non serviamo più al peccato; 6:7 poiché colui che è morto, è affrancato dal peccato. 6:8 Ora, se siamo morti con il Messia, noi crediamo che altresì vivremo con lui, 6:9 sapendo che il Messia, essendo risuscitato dai morti, non muore più; la morte non lo signoreggia più. 6:10 Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere ad Elohim. 6:11 Così anche voi fate conto d’esser morti al peccato, ma viventi ad Elohim, nel Messia Yeshua. 6:12 Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale per ubbidirgli nelle sue concupiscenze; 6:13 e non prestate le vostre membra come strumenti d’iniquità al peccato; ma presentate voi stessi ad Elohim come di morti fatti viventi, e le vostre membra come strumenti di giustizia ad Elohim.
Sembra abbastanza chiaro che la grazia non concede licenza di peccare. Quindi, anche se si è salvati per grazia, mediante la fede, bisogna non peccare. E cos’è peccare? Devo ancora dare la definizione biblica, neotestamentaria? Peccare è violare la Torah. Quindi, chi è salvato per grazia, mediante la fede, deve osservare la Torah! Altrimenti, come si fa ad essere morti al peccato? Soltanto non peccando. Per non peccare, bisogna non trasgredire la Torah. Non c’è alternativa possibile. Il vecchio uomo è stato crocifisso con Yeshua, e coloro che sono risuscitati in lui, vivono per Elohim ‒ c’è qualcuno che crede che Yeshua dopo la sua risurrezione avrebbe annullato la Torah, comportandosi diversamente da com’egli si comportò durante la sua vita? Se i gentili, che sono stati esclusi dalle promesse perché non osservarono la Torah avendo preferito seguire le proprie vie, ora hanno la possibilità d’essere riammessi attraverso il Messia perchè il peccato non regni più su di loro, significa forse che devono ancora continuare a vivere da gentili? Se fosse così, in cosa consisterebbe il loro cambiamento di vita? Come possono morire al peccato? Giustamente, così come Avraham fu giustificato essendo ancora un gentile perché potesse successivamente fare la volontà d’Elohim, nello stesso modo i gentili hanno la possibilità d’entrare nel Patto per servire Elohim com’Egli vuole.
6:14 Perché il peccato non vi signoreggerà, poiché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia. 15 Che dunque? Peccheremo noi perché non siamo sotto la legge ma sotto la grazia? Così non sia. 16 Non sapete voi che se vi date a uno come servi per ubbidirgli, siete servi di colui a cui ubbidite: o del peccato che mena alla morte o dell’ubbidienza che mena alla giustizia? 17 Ma sia ringraziato Elohim che eravate bensì servi del peccato, ma avete di cuore ubbidito a quel tenore d’insegnamento che v’è stato trasmesso; 18 ed essendo stati affrancati dal peccato, siete divenuti servi della giustizia.
Questo è uno dei versi prediletti dei cristiani usato come pretesto per la loro disubbidienza: “non siete sotto la legge, ma sotto la grazia”. Cosa vuole dire Paolo con questo? In primo luogo, a chi lo dice, ai Giudei o ai Romani? La lettera è indirizzata ai Romani. Sono mai stati i Romani sotto la Torah? No. Allora a quale legge si riferisce? Perché i cristiani, prendendo come di solito i testi fuori dal contesto, interpretano che questa “legge” sia la Torah? Essa era totalmente sconosciuta per i Romani. Perché non vogliono capire quello che risulta chiaro sin dall’inizio del discorso, che si tratta della legge della morte, che è universale, alla quale è sottoposta tutta l’umanità? Come spiega in 6:9, «sapendo che il Messia, essendo risuscitato dai morti, non muore più; la morte non lo signoreggia più», e quindi, coloro che credono in lui non sono più sotto questa legge. Qui Shaul spiega molto bene lo scopo della redenzione, che consiste non in una liberazione dalla Torah, ma in una sottomissione alla Torah ‒ infatti ci sono due possibilità: o si è servi dell’ingiustizia, quindi della legge del peccato, o si è servi dell’ubbidienza, ovvero della Torah ‒ per cui è necessario essere affrancati dal peccato. La parola Torah infatti è più coerente con insegnamento che con legge. Questo insegnamento si riceve per poter servire Elohim, operando la giustizia. Come si può operare giustizia senza adempiere la Torah? Su quale parametro si può giudicare quello che è giusto e quello che non lo è? Una legge deve pur esserci, e quella ci è stata trasmessa dall’Eterno, scritta con il Suo dito, della quale, secondo Yeshua, non passerà nemmeno una yod.
6:20 Poiché, quando eravate servi del peccato, eravate liberi riguardo alla giustizia. 21 Qual frutto dunque avevate allora delle cose delle quali oggi vi vergognate? poiché la fine loro è la morte. 22 Ma ora, essendo stati affrancati dal peccato e fatti servi ad Elohim, voi avete per frutto la vostra santificazione, e per fine la vita eterna.
Volete essere liberi dalla Torah? Sarete servi dal peccato, perché come dice l’apostolo, quando eravate servi del peccato, eravate liberi dalla giustizia, quindi, eravate liberi dalla Torah perché non poteva giudicarvi. Coloro che sono stati affrancati dalla legge del peccato, ora sono divenuti servi d’Elohim, facendo la Sua volontà, non trasgredendo più la Sua Legge.
7:1 O ignorate voi, fratelli, che la legge signoreggia l’uomo per tutto il tempo ch’egli vive? 2 Infatti la donna maritata è per la legge legata al marito mentre egli vive; ma se il marito muore, ella è sciolta dalla legge che la lega al marito. 3 Ond’è che se mentre vive il marito ella passa ad un altro uomo, sarà chiamata adultera; ma se il marito muore, ella è libera di fronte a quella legge; in guisa che non è adultera se diviene moglie d’un altro uomo. 4 Così, fratelli miei, anche voi siete divenuti morti alla legge mediante il corpo del Messia, per appartenere ad un altro, cioè a colui che è risuscitato dai morti, e questo affinché portiamo del frutto ad Elohim. 5 Poiché, mentre eravamo nella carne, le passioni peccaminose, destate dalla legge, agivano nelle nostre membra per portar del frutto per la morte; 6 ma ora siamo stati sciolti dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, talchè serviamo in novità di spirito, e non in vecchiezza di lettera. 7 Che diremo dunque? La legge è essa peccato? Così non sia; anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non per mezzo della legge; poiché io non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non concupire. 8 Ma il peccato, colta l’occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza; perché senza la legge il peccato è morto. 9 E ci fu un tempo, nel quale, senza legge, vivevo; ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita, ed io morii; 10 e il comandamento ch’era inteso a darmi vita, risultò che mi dava morte. 11 Perché il peccato, colta l’occasione, per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno; e, per mezzo d’esso, m’uccise. 12 Talché la legge è santa, e il comandamento è santo e giusto e buono.
Anche questo capitolo è spudoratamente tergiversato dai cristiani che odiano la Torah, e lo interpretano nel modo più abominevole, senza ragionare. Qual’è la legge che signoreggia l’uomo mentr’egli vive? La Torah? Erano i Romani soggetti alla Torah? Erano i gentili soggetti ad essa? Oppure qui Paolo parla d’una legge universale alla quale TUTTI gli uomini sono soggetti? Non sono tutti gli esseri umani soggetti al peccato, e quindi alla morte, anche senza mai avere sentito nominare la Torah? Appare evidente che l’apostolo continua a parlare della legge della morte dalla quale si è liberati ottenendo la vita eterna, e non della Torah. Perché egli spiega in modo chiaro, che non si può conoscere il peccato se non attraverso la legge ‒ domando ai cristiani, che affermano di non essere più sotto la legge: possono essi dunque fare qualunque cosa, perché non essendo più sotto la legge nemmeno sanno cosa sia il peccato? Qui Shaul afferma che l’uomo non avrebbe conosciuto il peccato se non fosse per la legge ‒ e chi ha detto che questa legge era la Torah? Non sapeva già Kayin che uccidere era peccato? Non avvenne il Diluvio per causa della malvagità universale secoli prima che Mosheh ricevesse la Torah sul Monte Sinai? Non furono distrutte Sodoma, Amorah, Admah e Tzevoyim per il loro peccato prima che ci fosse la Torah? E perché Elohim punì il popolo che s’eresse un vitello d’oro e bandì una festa mentre Mosheh era sul Monte, se il popolo non poteva conoscere il peccato non avendo ancora ricevuto la Torah? In verità, la Torah non aggiunse niente di nuovo alla conoscenza del peccato che già c’era prima, eccetto alcune regole che riguardano l’incesto, che fu esteso ai rapporti tra fratello e sorella ed altri che prima erano léciti ‒ regolamenti della Torah che i cristiani considerano ancora vigenti. Quindi, in che senso è stata la Torah responsabile della nostra conoscenza del peccato? In nessuno. Paolo ci da pure l’esempio di quale sia stato il “comandamento” che ha causato la caduta dell’uomo: «non concupire», il che significa «non desiderare ciò ch’è illecito» ‒ A chi fu dato questo comandamento?
E l’Eterno Elohim diede all’uomo questo comandamento: «Mangia pure liberamente del frutto d’ogni albero del giardino; ma del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai». (Genesi 2:16 -17)
Da quel momento, come dice l’apostolo, il peccato, colta l’occasione, per mezzo del comandamento produsse il desiderio:
E la donna vide che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi, ch’era bello a vedere, e che l’albero era desiderabile per diventare intelligente; prese del frutto, ne mangiò, e ne dette anche al suo marito ch’era con lei, ed egli ne mangiò. (Genesi 3:6)
Quindi, venuto il comandamento, il peccato prese vita, e l’uomo morì:
«Nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai». (Genesi 2:17)
«Guardiamo ch’egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell’albero della vita, e ne mangi, e viva in perpetuo». Perciò l’Eterno Elohim mandò via l’uomo dal giardino d’Eden. (Genesi 3:22-23)
Infatti, così il peccato mi trasse in inganno, e per mezzo d’esso, m’uccise:
E la donna rispose: «Il serpente mi ha sedotta, ed io ne ho mangiato». (Genesi 3:13)
Non ci sono dubbi sulla legge a cui Paolo si riferisce, ch’è la legge del peccato, che conduce alla morte, legge dalla quale si può essere liberi soltanto attraverso la redenzione. Questa interpretazione armonizza con il contesto, come possiamo leggere:
5:12 Perciò, siccome per mezzo d’un sol uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato v’è entrata la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...
Per mezzo d’un sol uomo il peccato è entrato nel mondo: Chi era quest’uomo? Mosheh, che ci ha dato la Torah? Oppure Adam? Chi introdusse, dunque, la legge del peccato che mena a morte?
5:13 Poiché, fino alla legge, il peccato era nel mondo; ma il peccato non è imputato quando non v’è legge. 14 Eppure, la morte regnò, da Adam fino a Mosheh, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella d’Adam, il quale è il tipo di colui che doveva venire. 15 Però, la grazia non è come il fallo. Perché se per il fallo di quell’uno i molti sono morti, molto più la grazia d’Elohim e il dono fattoci dalla grazia dell’unico uomo Yeshua Messia, hanno abbondato verso i molti. 16 E riguardo al dono non avviene quel che è avvenuto nel caso dell’uno che ha peccato; poiché il giudizio da un unico fallo ha fatto capo alla condanna; mentre la grazia, da molti falli, ha fatto capo alla giustificazione. 17 Perché, se per il fallo di quell’uno la morte ha regnato mediante quell’uno, tanto più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno nella vita per mezzo di quell’uno che è Yeshua Messia. 18 - Come dunque con un sol fallo la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così, con un solo atto di giustizia la giustificazione che dà vita s’è estesa a tutti gli uomini. 19 Poiché, siccome per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’ubbidienza d’un solo, i molti saranno costituiti giusti. 20 Or la legge è intervenuta affinché il fallo abbondasse; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata, 21 affinché, come il peccato regnò nella morte, così anche la grazia regni, mediante la giustizia, a vita eterna, per mezzo di Yeshua Messia, nostro Signore.
Perché i cristiani incriminano la Torah, della quale Paolo non fa menzione, bensì rende chiaro che il peccato esisteva già prima di Mosheh? Chi fu colui che introdusse la morte con il suo peccato? Fu egli Mosheh? Per il fallo di chi la condanna fu estesa a tutti gli uomini? Per il fallo di Mosheh? Di chi fu la disubbidienza che costituì peccatori tutti gli uomini? Fu magari Mosheh, quando portò la Torah scritta con il dito d’Elohim? Fino a prova contraria, non fu Mosheh, ma Adam. Perché dunque, i cristiani chiamano in causa la Torah, che non centra niente con tutto questo? Semplicemente, perché si rifiutano d’accettare la volontà d’Elohim, e vogliono continuare sulla via dei pagani. Shaul continua la sua esposizione dicendo:
7:13 Ciò che è buono diventò dunque morte per me? Così non sia; ma è il peccato che m’è divenuto morte, onde si palesasse come peccato, cagionandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente malvagio. 14 Noi sappiamo infatti che la Legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato. 15 Perché io non approvo quello che faccio; poiché non faccio quel che voglio, ma faccio quello che odio. 16 Ora, se faccio quello che non voglio, io ammetto che la Legge è buona; 17 e allora non sono più io che lo faccio; ma è il peccato che abita in me. 18 Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene; poiché ben trovasi in me il volere, ma il modo di compiere il bene, no. 19 Perché il bene che voglio, non lo fo; ma il male che non voglio, quello fo. 20 Ora, se ciò che non voglio è quello che fo, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. 21 Io mi trovo dunque sotto questa legge: che volendo io fare il bene, il male si trova in me. 22 Poiché io mi diletto nella Torah d’Elohim, secondo l’uomo interno; 23 ma veggo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente, e mi rende prigione della legge del peccato che è nelle mie membra. 24 Misero me uomo! chi mi trarrà da questo corpo di morte? 25 Grazie siano rese ad Elohim per mezzo di Yeshua Messia, nostro Signore. Così dunque, io stesso con la mente servo alla Torah d’Elohim, ma con la carne alla legge del peccato.
Paolo ribadisce più volte che la Legge d’Elohim, ovvero la Torah, è spirituale, è buona, in cui egli si diletta come il Salmista, ed egli stesso, che già non è più sotto la legge, dichiara di servire alla Legge d’Elohim! Poi riconosce anche che c’è un’altra legge, dalla quale bisogna essere liberati, ch’è la legge del peccato, la quale abita in ogni uomo perché è stata introdotta dal primo uomo, ed è da questa legge che il Messia ci rende liberi, non dalla Legge d’Elohim! Ma ci vuole tanto a capirlo?
8:1 Non v’è dunque ora alcuna condanna per quelli che sono in Yeshua Messia; 2 perché la Legge dello Spirito della vita in Yeshua Messia mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte.
Occorre ancora spiegare da quale legge il Messia ci rende liberi? Chi non lo capisce, è perché non vuole capirlo...
8:4 affinché il comandamento della Torah fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo spirito... 7 poiché ciò a cui la carne ha l’animo è inimicizia contro Elohim, perché non è sottomesso alla Torah d’Elohim, e neppure può esserlo.
La redenzione ha uno scopo: che i comandamenti possano essere adempiuti, non ignorati! Cristiani, se non volete essere sotto la Legge d’Elohim, sappiate che siete nemici d’Elohim! ‒ Se siete veramente nella grazia, siete sotto la Torah. Prima di continuare con la seconda parte della lettera ai Romani, vorrei concludere questo argomento dicendo che la situazione di quei cristiani che affermano di non essere sotto la Legge è estremamente paradossale: essi affermano che essendo nella grazia non sono più sotto la Torah (come se lo fossero mai stati), confondendo la Torah con la legge per mezzo della quale abbiamo la conoscenza del peccato; tuttavia, essi continuano ad avere sensi di colpa se commettono dei peccati (peccati dichiarati tali dalla chiesa, non dalle Scritture) ‒quindi, non sono stati liberati‒, e si sono sottomessi ad un’altra legge, che non è quella stabilita dall’Eterno né osservata da Yeshua, ma stabilita dagli uomini. Hanno abolito alcuni comandamenti della Torah (i quali Yeshua dichiarò di non abolire né allora né mai) e li hanno sostituiti con altri che le Scritture non menzionano. Naturalmente, l’eliminazione della Torah nella loro teologia ha lasciato un enorme vuoto che dev’essere colmato con altre leggi, precetti e divieti, ai quali si sottomettono volentieri e danno il nome di “grazia”... Essi ritengono i comandamenti d’Elohim gravosi, contraddicendo le proprie Scritture (1Yohanan 5:3), affermando che sono impossibili d’osservare. Ciononostante, s’impegnano ad osservare altri precetti che sono altrettanto o più rigidi e soprattutto inutili. Quello ch’è ancora più grave, è che pretendono dei Giudei messianici che anch’essi diventino dei gentili come loro, disprezzando il Patto, la Torah e le promesse!

Parte II: Israele - I due ulivi

Nei capitoli 9, 10 ed 11 di questa lettera, Paolo rivela ai Romani il mistero d’Israele ed il suo ruolo fondamentale nella redenzione dei gentili. Notare che fino a questo momento Israele non è stato menzionato nell’epistola, mentre in questi tre capitoli è nominato dieci volte ‒più di quanto lo sia in tutte le altre lettere neotestamentarie messe assieme‒, ed anche Shaul stesso si definisce Israelita anziché Giudeo, com’egli s’identifica in altre occasioni (Atti 21:39; 22:3). Un motivo per questa particolare nomenclatura in questa sezione dell’epistola ci deve pur essere, ed è fondamentale per la comprensione di tutto il suo messaggio.
9:2 Io ho una grande tristezza e un continuo dolore nel cuor mio; 3 perché vorrei essere io stesso anatema, separato dal Messia, per amor dei miei fratelli, miei parenti secondo la carne, 4 che sono Israeliti, ai quali appartengono l’adozione e la gloria e i Patti e la Legge e il culto e le promesse; 5 dei quali sono i padri, e dai quali è venuto, secondo la carne, il Messia, che è sopra tutte le cose, Elohim benedetto in eterno. Amen. 6 Però non è che la parola d’Elohim sia caduta a terra; perché non tutti i discendenti di Israele sono Israele.
Shaul inizia a parlare dei suoi fratelli nella carne, i quali sono Israeliti, e chiarisce che non tutti i discendenti di Israele sono Israele. Cosa voleva dire con questo? Usualmente, i cristiani interpretano questa frase in base alla loro dottrina extra-biblica dell’Israele spirituale, dicendo che il vero Israele non è costituito dagli Israeliti nella carne (o non da tutti loro). In realtà, qui Paolo sta dicendo ben altra cosa: che non tutti quelli che sono discendenti di Israele sono riconosciuti come Israele, oppure si può dire “Israele non è tutto Israele”, perché una parte si è persa tra le nazioni e non è più riconoscibile come Israele. Quindi, a parte l’Israele visibile, c’è un Israele invisibile, entrambi costituiscono tutta la discendenza d’Israele. Questa interpretazione è coerente dal punto di vista linguistico ed armonizza con tutto il contesto. Paolo infatti, dice che vorrebbe che tutti quei discendenti carnali di Yakov che non sono più Israele siano salvati, considerandoli perduti in mezzo ai gentili. Se questo si riferisse ai Giudei, come vogliono i cristiani, Paolo sarebbe in netta contraddizione con ciò che aveva detto ad Agrippa:
E ora sono chiamato in giudizio per la speranza della promessa fatta da Elohim ai nostri padri; della qual promessa le nostre dodici Tribù, che servono con fervore ad Elohim notte e giorno, sperano di vedere il compimento. (Atti 26:6-7)
Se le dodici Tribù servono Elohim con fervore notte e giorno, per quale motivo sarebbe egli così amareggiato a causa d’Israele? Non sarà che quel Israele che preoccupa tanto all’apostolo non è più riconosciuto nelle dodici Tribù? Perché Shaul fa presente in questo momento che l’Israele nella carne non è tutto Israele (nel senso che è molto di più di quanto si conosce come Israele)? Infatti, ci sono dodici Tribù (Yehudah, Levi, Binyamin per intero, più parte delle altre dieci) che si riconoscono nella Casa di Yehudah, ossia, i Giudei, i quali servono Elohim, mentre c’è ancora un Israele nella carne che non è più “Mio popolo” ma è “Lo-Ammi”, disperso tra i gentili, il quale è composto dalla parte delle dieci Tribù che compone la Casa di Israele ‒ le Tribù perdute. Questo è il ʹmisteroʹ di cui parla in 11:25, che vedremo più avanti. Il fatto che qui Paolo enfatizzi che si tratta d’Israele ʹnella carneʹ ha un significato preciso. Egli spiega ben chiaramente che è ad Israele che appartengono le promesse, l’adozione, i Patti, i patriarchi ‒ non ad un ipotetico Israele spirituale, ma a quello nella carne; non ai gentili, ma a Israele! Perché doveva dire queste cose proprio ai Romani? Chi erano questi Romani perché questa rivelazione potesse interessare loro? Shaul continua con la sua esposizione sull’eredità che appartiene all’Israele che ha ricevuto le promesse, il quale è la discendenza fisica di Yakov:
9:7 Né per il fatto che sono progenie d’Avraham, sono tutti figliuoli d’Avraham; anzi: «In Yitzhak ti sarà nominata una progenie». 8 Cioè, non i figliuoli della carne sono figliuoli d’Elohim: ma i figliuoli della promessa sono considerati come progenie. 9 Poiché questa è una parola di promessa: «In questa stagione io verrò, e Sara avrà un figliuolo». 10 Non solo; ma anche a Rivkah avvenne la medesima cosa quand’ebbe concepito da uno stesso uomo, vale a dire Yitzhak nostro padre, due gemelli; 11 poiché, prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male, affinché rimanesse fermo il proponimento dell’elezione d’Elohim, che dipende non dalle opere ma dalla volontà di Colui che chiama, 12 le fu detto: «Il maggiore servirà al minore»; 13 secondo che è scritto: «Ho amato Yakov, ma ho odiato Esaù». 14 Che diremo dunque? V’è forse ingiustizia in Elohim? Così non sia.
Perché tutta questa disquisizione genealogica? Proprio per dimostrare che ciò che conta è la promessa. Anche se fu fatta ad Avraham, essa passò non a tutti i suoi figli, ma soltanto a Yitzhak; a sua volta, non furono entrambi i figli d’Yitzhak a riceverla, ma solo Yakov, perché fu scelto anziché suo fratello. Qui s’intravede la dottrina della predestinazione che Paolo sembra suggerire... Questo serve a spiegare che l’Israele che ha ricevuto le promesse è quello che egli adesso cerca di riscattare, e che si trova in mezzo ai gentili ‒ appunto, i figli della promessa, non più riconosciuti come Israele fisico.
9:16 Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Elohim che fa misericordia. 17 Poiché la Scrittura dice a Faraone: «Appunto per questo Io t’ho suscitato: per mostrare in te la Mia potenza, e perché il Mio Nome sia pubblicato per tutta la terra». 18 Così dunque Egli fa misericordia a chi vuole, e indura chi vuole... 22 E che v’è mai da replicare se Elohim, volendo mostrare la Sua ira e far conoscere la Sua potenza, ha sopportato con molta longanimità dei vasi d’ira preparati per la perdizione, 23 e se, per far conoscere le ricchezze della Sua gloria verso dei vasi di misericordia che aveva già innanzi preparati per la gloria, 24 li ha anche chiamati -parlo di noi- non soltanto fra i Giudei ma anche di fra i gentili? 25 Così Egli dice anche in Hoshea: «Io chiamerò Mio popolo quello che non era Mio popolo, e ’amata’ quella che non era amata; 26 e avverrà che nel luogo ov’era loro stato detto: “Voi non siete mio popolo”, quivi saranno chiamati figliuoli dell’Elohim vivente».
Shaul spiega ai Romani in cosa consiste la predestinazione (argomento che ha fatto discutere diverse fazioni della chiesa durante secoli): che Elohim ha scelto un popolo per la Sua gloria, ed altri Egli ha dichiarato ʹvasi d’iraʹ. Questo non ha una valenza a livello individuale -eccetto alcuni casi come il Faraone dell’Esodo- ma a livello di nazione: Egli ha predestinato Israele per la Sua gloria, ed altri popoli ha invece maledetto, come Amalek (Esodo 17:14), i Cananei (Esodo 23:23), ecc. Ciò non incide sul fatto che a livello individuale ci sono dei redenti anche da questi popoli, come ci sono anche dei condannati nel Suo popolo perché non hanno osservato i comandamenti (Esodo 31:14; Levitico 7:21; ecc.). Quindi, la complicata questione della predestinazione si risolve semplicemente capendo che essa si riferisce ad un popolo eletto nei confronti di altri, non ad individui, i quali hanno la facoltà di decidere autonomamente e saranno giudicati in base alle proprie scelte, sia che appartengano al popolo eletto o ad un altro. In quanto concerne all’argomento principale di questo studio, ciò che ci interessa è rendere chiari i seguenti punti: - Paolo precisa con l’espressione «parlo di noi», che egli si riferisce agli Israeliti, sui quali parla dall’inizio del suo discorso (9:2-4) chiamandoli suoi fratelli, parenti nella carne; - quindi, dice in modo esplicito ed univoco che i vasi di misericordia sono il popolo d’Israele, preparati per la gloria, i quali sono i chiamati «non soltanto fra i Giudei, ma anche fra i gentili»! - Israeliti fra i gentili? Non a caso, l’apostolo cita Hoshea, che, come abbiamo già visto nello studio sui Profeti, annunciò la dispersione della Casa di Israele fra le nazioni, la loro perdita dell’identità ebraica ed il loro riscatto quando essi saranno divenuti “Lo-Ammi”. Hoshea non ha fatto alcuna profezia sui gentili, ma soltanto sulla Casa di Israele. Perché Paolo identifica questi eletti ʹgentiliʹ con quel popolo di cui profetizzò Hoshea? - Shaul ribadisce che è questa casa che è stata già innanzi “preparata per la gloria”, quindi chiamata dal luogo dove si diceva di loro “voi non siete mio popolo”. Essi sono gli eletti fra i gentili, la progenie fisica di Yakov, coloro che nell’Era Messianica saranno nuovamente riuniti alla Casa di Yehudah, e sarà così restaurata la tenda di David.
In questo modo, le profezie armonizzano pienamente con il messaggio paolino.
9:27 E Yeshayahu esclama riguardo a Israele: «Quand’anche il numero dei figliuoli d’Israele fosse come la rena del mare, il rimanente solo sarà salvato; 28 perché Adonay eseguirà la Sua parola sulla terra, in modo definitivo e reciso».
Qui Shaul si riferisce alla profezia seguente:
Un residuo, il residuo di Yakov, tornerà all’Elohim potente. Poiché, quand’anche il tuo popolo, o Israele, fosse come la rena del mare, un residuo soltanto ne tornerà; uno sterminio è decretato, che farà traboccare la giustizia. Poiché lo sterminio che l’ha decretato, Adonay, l’Eterno degli eserciti, lo effettuerà in mezzo a tutta la terra. Così dunque dice Adonay, l’Eterno degli eserciti: «O popolo mio, che abiti in Tzion, non temere l’Assiro, benché ti batta di verga e alzi su te il bastone, come fece l’Egitto!» (Yeshayahu 10:21-24)
Questa profezia è rivolta non ai Giudei, ma alla Casa di Israele, come emerge dai particolari: - Il loro numero, come la sabbia del mare, è la stessa espressione che troviamo in Hoshea 1:10 in riferimento alla Casa di Israele ‒ Yeshayahu e Hoshea erano contemporanei. - Soltanto un residuo della Casa di Israele ritornò alla propria terra, la grande maggioranza rimase nell’esilio fino ad oggi (mentre i Giudei ritornarono da Babilonia e ricostruirono la loro nazione, ed anche quelli che non ritornarono mantennero la loro identità ed il loro legame con Yerushalaym). - Il riferimento all’Assiro è attinente soltanto alla Casa di Israele, perché è stato il regno di Samaria ad essere deportato dagli Assiri, non i Giudei (che lo furono da Babilonia, ma ritornarono dopo 70 anni). Tutti questi riferimenti, e quelli precedenti, danno un’indicazione precisa che questo Israele di cui parla Shaul non sono i Giudei, e ciononostante, si tratta dell’Israele fisico, la discendenza carnale di Yakov.
9:30 Che diremo dunque? Diremo che i gentili, i quali non cercavano la giustizia, hanno conseguito la giustizia, ma la giustizia che viene dalla fede; 31 mentre Israele, che cercava la legge della giustizia, non ha conseguito la legge della giustizia. 32 Perché? Perché l’ha cercata non per fede, ma per opere. Essi hanno urtato nella pietra d’intoppo, 33 siccome è scritto: «Ecco, io pongo in Tzion una pietra d’intoppo e una roccia d’inciampo»; ma chi crede in lui non sarà svergognato.
L’apostolo continua a fare riferimento al Profeta Isaia, specificando che l’errore della Casa di Israele fu farsi la propria giustizia, quando separandosi da Yehudah si creò una propria legge ‒ proprio come la chiesa! Lasciando da parte la Torah, si è data una legge sostitutiva, non avendo fede nella Torah. Il brano delle Scritture che Paolo cita è Isaia 8:14, il quale è parte del discorso che contiene l’annuncio di redenzione per le Tribù del Nord, dicendo: «Come nei tempi passati Elohim coprì di obbrobrio il paese di Zevulun e il paese di Neftali, così nei tempi a venire coprirà di gloria la terra vicina al mare, di là dal Yarden, la Galilea dei Gentili. Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la luce risplende» (Isaia 8:23; 9:1). Il Profeta va oltre, annunciando l’ostilità della Casa di Israele contro i Giudei: «Menasheh divora Efrayim, ed Efrayim Menasheh; insieme piombano su Yehudah» (Isaia 9:20). Questa profezia illustra in modo eclatante l’atteggiamento dei cristiani nei confronti dei Giudei: anche se tra di loro sono divisi e si combattono a vicenda (soprattutto per questioni dottrinali), hanno un sentimento unanime contro i Giudei (o perlomeno, contro il Giudaismo). Per approfondimenti, consultare in questo studio Yeshayahu 8:13 e successivi.
10:3 Perché, ignorando la giustizia d’Elohim, e cercando di stabilir la loro propria, non si sono sottoposti alla giustizia d’Elohim;
Paolo è molto esplicito quando dice che “ignorando la giustizia d’Elohim, e cercando di stabilir la loro propria, non si sono sottoposti alla giustizia d’Elohim”‒ c’è una giustizia d’Elohim ed un’altra stabilita dall’uomo: la giustizia d’Elohim è espressa in tutte le Scritture, con dei comandamenti precisi, ovvero, la Torah; quella degli uomini è stata creata per non sottoporsi alla giustizia d’Elohim, ed è proprio ciò che ha fatto il cristianesimo. Questo verso si può ben parafrasare senza alterare minimamente il senso in questo modo: “ignorando la Torah, e cercando di stabilir la loro propria legge, non si sono sottoposti alla Torah”.
10:4 poiché il compimento della Legge è il Messia, per esser giustizia ad ognuno che crede.
Questo passo è uno di quelli che i cristiani usano in modo errato per giustificare la loro inosservanza della giustizia d’Elohim; ciò in parte non è addebitabile alla maggioranza di loro ma ai traduttori, che volutamente o meno, hanno scritto ʹtermine della leggeʹ o ʹfine della leggeʹ anziché compimento (come rendono correttamente alcune traduzioni fedeli al testo originale). Con questo intendono dire che accettando il Messia, non sono più sottoposti alla Legge -che essi confondono con la Torah-, quindi in teoria, possono usare il Nome d’Elohim in vano, adorare altri déi, violare lo Shabat, disonorare i genitori, uccidere, commettere adulterio, ecc. Non è così? Allora, in che senso dev’essere interpretato il ʹfineʹ della Legge? Nel senso che Yeshua stesso ha dichiarato: «Non pensate che io sia venuto per sciogliere la Torah o i Profeti; io sono venuto non per sciogliere ma per portare a compimento. Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un yod o un apice della Torah passerà senza che tutto sia adempiuto». Quindi, lo scopo dell’accettare il Messia non è ignorare la Legge, ma riuscire a portarla a compimento, com’egli stesso ordinò! Yeshua è stato molto chiaro quando disse: «Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando» (Yohanan 15:14) ‒ Non basta soltanto credere, ma fare ciò ch’egli ha comandato, e ciò che ha comandato, è l’osservanza della Torah, come risulta ben chiaro dal sermone sul monte e da tutto il suo insegnamento. In una parabola, Yeshua illustrò l’atteggiamento che i suoi discepoli devono avere nei confronti dell’operare, perché non basta credere: «“Or che vi par egli? Un uomo aveva due figliuoli. Accostatosi al primo disse:Figliuolo, va’ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli, rispondendo, disse: Vado, signore; ma non vi andò. E accostatosi al secondo, gli disse lo stesso. Ma egli, rispondendo, disse: Non voglio; ma poi, pentitosi, v’andò. Qual dei due fece la volontà del padre?Essi gli dissero: L’ultimo”» (Matteo 21:28-31). Così anche i cristiani, dicono di fare ciò che Yeshua ha detto, ma in realtà non lo fanno, mentre i Giudei osservanti della Torah, che non credono in Yeshua, fanno ciò ch’egli ha detto.
Infatti Paolo qui dice che il compimento della Legge è il Messia, perché coloro che credono possano raggiungere la giustizia. Credere implica non solo accettare che Yeshua ha pagato il prezzo del riscatto, ma fare ciò ch’egli ha comandato.
10:12 Poiché non v’è distinzione fra Giudeo e Greco; perché lo stesso Signore è Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che Lo invocano;
Non v’è distinzione fra Giudeo e Greco”‒ questa dichiarazione ricorre tre volte nelle lettere paoline: qui, in Galati 3:28 e Colossesi 3:11. Sostanzialmente in questi tre passi l’apostolo intende comunicare la stessa cosa: che non c’è differenza in quanto a dignità, il che non implica che non ci siano le diversità riguardanti le promesse ed il ruolo che ciascuno deve svolgere (d’altronde, lo stesso Paolo in questa lettera dice: “il Giudeo prima, e poi il Greco” ‒ 1:16; 2:9,10). Per poter analizzare questa affermazione, conviene accostare questo verso a quelli paralleli:
Giacché avete svestito l’uomo vecchio coi suoi atti e rivestito il nuovo, che si va rinnovando in conoscenza ad immagine di Colui che l’ha creato. Qui non c’è Greco e Giudeo, circoncisione e incirconcisione, Barbaro, Scita, schiavo, libero, ma il Messia è ogni cosa e in tutti.(Colossesi 3:10-11)
Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in Yeshua Messia. (Galati 3:28)
In questi elenchi di termini opposti, Shaul illustra l’eguaglianza in quanto alla loro condizione d’immagine del Creatore ed alla redenzione, che può essere ottenuta da chiunque. Sia il Giudeo che il Greco sono immagine d’Elohim, come lo sono l’uomo e la donna, e tutti gli esseri umani di qualunque razza o condizione sociale. Purtroppo, i cristiani interpretano che i Giudei messianici, avendo riconosciuto Yeshua come il Messia d’Israele, non debbano più essere Giudei, abbandonando la Torah! Invece Paolo dà degli esempi ben specifici, che rendono chiaro il concetto che in realtà la fede in Yeshua non cambierà né la natura né i ruoli di ciascun credente. Così come è impossibile per il circonciso diventare incirconciso, il Giudeo non potrà mai diventare gentile; il Barbaro non potrà cambiare la sua etnia, né potrà farlo lo Scita; in quanto allo schiavo, Paolo stesso raccomanda che se può rendersi libero lo faccia, ma se rimane servo ciò non altera la sua fede; e poi ci dà l’esempio più significativo: “non c’è né maschio né femmina”‒ significa forse che non esiste più la distinzione di sesso? Se veramente i cristiani credono che una volta convertiti a Yeshua non esistano più le differenze, allora perché nelle loro chiese non abbattono il muro che separa i servizi igienici degli uomini da quelli delle donne, visto che già non c’è né maschio né femmina, e così vanno tutti assieme allo stesso bagno? E se qualche fratello, non riuscendo più a distinguere un sesso dall’altro ha dei rapporti particolari: perché scandalizzarsi? Evidentemente, se questi termini opposti sono di per sé inconciliabili in quanto all’impossibilità d’appianare le differenze, ciò che Paolo intende dicendo che non c’è Giudeo né Greco come non c’è né maschio né femmina non implica che uno smetta d’essere ciò che è per diventare un’altra cosa. Il Giudeo, sia credente in Yeshua o no, è sempre Giudeo, e come tale è obbligato ad adempiere la Torah, perché è sottoposto ai Patti che lo rendono Giudeo, come l’uomo è tenuto a comportarsi da uomo, e la donna da donna.
10:13 poiché chiunque avrà invocato il Nome del Signore, sarà salvato. 14 Come dunque invocheranno Colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in Colui del quale non hanno udito parlare? E come udiranno, se non v’è chi predichi? 15 E come predicheranno se non sono mandati? Siccome è scritto: «Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone novelle!»
Nelle sue citazioni del Profeta Isaia, Paolo segnala puntualmente quelle che hanno un riferimento alla Casa di Israele. In questo caso si tratta di Isaia 52:7, verso che conviene leggere nel suo contesto originale per poter interpretarlo correttamente:
Scuotiti di dosso la polvere, lèvati, mettiti a sedere, o Yerushalaym! Sciogliti le catene dal collo, o figliuola di Tzion che sei in cattività! Poiché così parla l’Eterno: Voi siete stati venduti per nulla, e sarete riscattati senza danaro. Poiché così parla Adonay, l’Eterno: Il Mio popolo discese già in Egitto per dimorarvi; poi l’Assiro l’oppresse senza motivo. Ed ora che faccio Io qui, dice l’Eterno, quando il Mio popolo è stato portato via per nulla? Quelli che lo dominano mandano urli, dice l’Eterno, e il Mio Nome è del continuo, tutto il giorno schernito; perciò il Mio popolo conoscerà il Mio Nome; perciò saprà, in quel giorno, che sono Io che ho parlato: ‹Eccomi!›. Quanto sono belli, sui monti, i piedi del messaggero di buone novelle, che annunzia la pace, ch’è araldo di notizie liete, che annunzia la salvezza, che dice a Tzion: «Il tuo Elohim regna!» Odi le tue sentinelle! Esse levano la voce, mandano tutte assieme gridi di gioia; poich’esse veggono con i loro propri occhi l’Eterno che ritorna a Tzion. (Yeshayahu 52:2-8)
Il Profeta Isaia svolse il suo ministerio durante i regni d’Uzziyah, Yotam, Achaz e Hizkiyahu sulla Casa di Yehudah (Yeshayahu 1:1), la quale era nella propria terra. In questo periodo, la Casa di Israele fu oppressa dagli Assiri, venduta e portata in cattività. Non ci sono dubbi che il Profeta non poteva in alcun modo parlare dei Giudei con queste parole, perché essi non erano né oppressi dagli Assiri, né venduti e portati in cattività. L’apostolo applica questa profezia all’Israele di cui egli parla, cioè, a quel popolo ch’egli vorrebbe riscattare da in mezzo ai gentili.
10:16 Ma non tutti hanno ubbidito alla buona novella; perché Yeshayahu dice: «Adonay, chi ha creduto alla nostra predicazione?»
Questa esclamazione si trova in Isaia 53:1; citiamola con il suo contesto originale:
L’Eterno ha nudato il suo braccio santo agli occhi di tutte le nazioni; e tutte le estremità della terra vedranno la salvezza del nostro Elohim. Dipartitevi, dipartitevi, uscite di là! Non toccate nulla d’impuro! Uscite di mezzo a lei! Purificatevi, voi che portate i vasi dell’Eterno! Poiché voi non partirete in fretta, e non ve n’andrete come chi fugge; giacché l’Eterno camminerà dinanzi a voi, e l’Elohim d’Israele sarà la vostra retroguardia. Così molte saranno le nazioni, di cui egli desterà l’ammirazione; i re chiuderanno la bocca dinanzi a lui, poiché vedranno quello che non era loro mai stato narrato, e apprenderanno quello che non avevano udito. Chi ha creduto a quel che noi abbiamo annunziato? e a chi è stato rivelato il braccio dell’Eterno? (Yeshayahu 52:10-12,15; 53:1)
Il messaggio che è stato annunziato è rivolto alle nazioni (in ebraico: Goyim, cioè, i gentili); tuttavia, in mezzo a queste nazioni c’è la Casa di Israele, ch’è colei la quale è chiamata ad uscire e purificarsi, ordine che ripete due volte. Questo brano è la continuazione di quello precedente, in cui abbiamo già specificato che l’Israele del quale parla il Profeta sono gli esiliati del Regno di Samaria, non i Giudei.
10:19 Ma io dico: Israele non ha egli compreso? Mosheh pel primo dice: «Io vi moverò a gelosia di una nazione che non è nazione; contro una nazione senza intelletto provocherò il vostro sdegno».
Per confermare ciò che sto dicendo sull’identità dell’Israele del quale Shaul parla in questi capitoli, andiamo alla fonte originale per conoscere il contesto al quale egli ha fatto riferimento:
Essi M’han mosso a gelosia con ciò che non è Elohim, M’hanno irritato con i loro idoli vani; e Io li moverò a gelosia con gente che non è un popolo, li irriterò con una nazione stolta. (Deuteronomio 32:21)
Nel tempo degli apostoli, quando anche questa lettera fu scritta, l’ultima cosa che poteva dirsi dei Giudei è che avessero degli idoli: essi erano, come lo sono tuttóra, gelosissimi nemici dell’idolatria. La Casa di Israele invece, era divenuta come i gentili, come coloro che sono “non Mio popolo”.
10:20 E Yeshayahu si fa ardito e dice: «Sono stato trovato da quelli che non Mi cercavano; sono stato chiaramente conosciuto da quelli che non chiedevano di Me». 21 Ma riguardo a Israele dice: «Tutto il giorno ho teso le mani verso un popolo disubbidiente e contraddicente».
Rivolgiamoci ancora al testo scritto dal Profeta:
Io sono stato ricercato da quelli che prima non chiedevano di Me, sono stato trovato da quelli che prima non Mi cercavano; ho detto: ‹Eccomi, eccomi›, a una nazione che non portava il Mio Nome. Ho stese tutto il giorno le mani verso un popolo ribelle che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri; verso un popolo che del continuo mi provoca sfacciatamente ad ira, che offre sacrifizî nei giardini e fa fumare profumi sui mattoni; che sta fra i sepolcri e passa le notti nelle caverne, che mangia carne di porco ed ha nei suoi vasi vivande impure; che dice: ‹Fatti in là, non t’accostare perch’io sono più santo di te›. Cose siffatte, sono per Me un fumo nel naso, un fuoco che arde da mane a sera. Ecco, tutto ciò sta scritto dinanzi a Me; Io non mi tacerò, anzi vi darò la retribuzione, sì, vi verserò in seno la retribuzione delle iniquità vostre, dice l’Eterno, e al tempo stesso delle iniquità dei vostri padri, che hanno fatto fumare profumi sui monti e Mi hanno oltraggiato sui colli; Io misurerò loro in seno il salario della loro condotta passata. Così parla l’Eterno: Come quando si trova del succo nel grappolo si dice: ‹Non lo distruggere perché lì v’è una benedizione›, così farò Io, per amor dei Miei servi, e non distruggerò tutto. Io farò uscire da Yakov una progenie e da Yehudah un erede dei Miei monti; e i Miei eletti possederanno il paese, e i Miei servi v’abiteranno. (Yeshayahu 65:1-9)
Da questo testo emergono dei dettagli molto interessanti: Questo popolo che non porta il Mio Nome ‒“Lo-Ammi”‒, offre sacrifizî sui luoghi non consacrati (non nel Tempio, ma nei giardini e sui mattoni), sta nei siti impuri (i sepolcri) e mangia carne di maiale! Possono essi essere i Giudei? Impossibile, assolutamente! Sin dal ritorno dall’esilio in Babilonia, i Giudei non hanno più commesso simili peccati, e si sono aggrappati alla Torah più che mai. Un popolo che fa e mangia cose impure, non può essere altro che un popolo gentile. Tuttavia, Paolo afferma che si tratti d’Israele ‒ ed anche il Profeta, perchè parla della Casa di Israele, non di quella di Yehudah. Come in Isaia 52:10-12, sono invitati a purificarsi perché essi avevano profanato il Patto e la Torah, rendendosi impuri, e sono chiamati a ritornare sui loro passi.
Curiosamente, c’è un popolo che malgrado faccia tutte queste cose contro l’Eterno e la Sua Legge, si ritiene più santo degli altri... non vorrei fare nomi. Essi dicono che non c’è più bisogno della Torah, e mangiano cose impure... Certamente, non sono i Giudei. Nella conclusione di questo brano, il Profeta nomina Yehudah come un’entità separata, annunciando una progenie da Yakov, ma un’eredità che proviene da Yehudah, alla quale appartengono i Monti d’Israele. I teologi cristiani sostenevano che i Giudei non potevano ritornare alla loro terra senza prima essere diventati cristiani. Hanno dovuto ricredersi davanti ai fatti, perché i Giudei hanno già ricevuto la loro eredità ed abbiamo già visto compiuta la profezia del loro ritorno sui Monti d’Israele. Dobbiamo ancora vedere il ritorno della chiesa alle sue origini, all’insegnamento di Yeshua, il Messia d’Israele.
11:1 Io dico dunque: Elohim ha Egli reietto il Suo popolo? Così non sia; perché anch’io sono Israelita, della progenie d’Avraham, della Tribù di Binyamin. 2 Elohim non ha reietto il suo popolo, che ha preconosciuto.
Il capitolo 11 della lettera ai Romani è una vera pietra d’inciampo per l’esegesi cristiana, proprio perché senza la consapevolezza del linguaggio biblico riguardante Israele e Yehudah, non può essere compreso. Come nell’introduzione di questo argomento (9:2), egli non parla di Giudei ma di Israeliti, ed egli stesso s’identifica come tale. Certo, un Israelita può anche essere un Giudeo, ma non necessariamente, mentre che tutti i Giudei sono Israeliti ‒ quindi, è lécito a Shaul dire che lo è anche lui. L’apostolo afferma ancora la predestinazione d’Israele, per la quale dev’essere riscattato e redento. Dopo i rimproveri profetici che Paolo ha citato, deve chiarire che Elohim non ha finito con il Suo popolo, e non l’ha rifiutato come potrebbe sembrare. Egli prende riferimento ancora da Isaia:
Ma tu, Israele, Mio servo, Yakov che Io ho scelto, progenie d’Avraham, l’amico Mio, tu che ho preso dalle estremità della terra, che ho chiamato dalle parti più remote d’essa, e a cui ho detto: ‹Tu sei il mio servo; t’ho scelto e non t’ho reietto›, tu, non temere, perché Io sono con te; non ti smarrire, perché Io sono il tuo Elohim; Io ti fortifico, Io ti soccorro, Io ti sostengo con la destra della Mia giustizia. (Yeshayahu 41:8-10)
Poi Shaul continua dando un esempio chiaro su quale è l’Israele di cui egli sta parlando sin dall’inizio:
11:2 Non sapete voi quel che la Scrittura dice, nella storia d’Eliyahu? Com’egli ricorre ad Elohim contro Israele, dicendo: 3 «O Adonay, hanno ucciso i Tuoi profeti, hanno demoliti i Tuoi altari, e io sono rimasto solo, e cercano la mia vita?» 4 Ma che gli rispose la voce divina? «Mi sono riserbato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». 5 E così anche nel tempo presente, v’è un residuo secondo l’elezione della grazia. 6 Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, grazia non è più grazia.
Perché Paolo menziona il Profeta Eliyahu? Chi voleva la sua vita? Eliyahu fu il più grande Profeta, e svolse il suo ministerio interamente nella Casa di Israele, senza mai avere a che fare con la Casa di Yehudah. Egli visse quando nel Regno di Israele regnavano i malvagi Achav e sua moglie Izevel, e poi Achazyah loro figlio. In quello stesso periodo, sulla Casa di Yehudah regnavano Asa e poi Yehoshafat, entrambi furono dei re che servirono Elohim e non tollerarono l’idolatria. Quindi, è chiaro ancora una volta, che Paolo si sta riferendo sempre allo stesso popolo, la Casa di Israele e non i Giudei.
Chi aveva demolito gli altari dell’Eterno? Chi aveva ucciso i Suoi profeti? Quella Casa di Israele che poi fu portata in esilio e non ne ritornò più per la sua impenitenza. Ciononostante, c’era stato sempre un gruppo di persone che non si sono allineati con l’idolatria ufficiale, coloro che conservavano ancora la conoscenza del Creatore (come avevo già detto sui popoli gentili che non hanno mai avuto la possibilità d’udire il messaggio dell’Evangelo). Per causa di questi eletti, la grazia è arrivata a tutta la Casa di Israele ed ai gentili fra i quali dimora. Certamente, questi non hanno fatto alcuna cosa per meritare la grazia divina, perchè questa è, appunto, grazia ‒ che non è un concetto opposto a Torah, ma è l’elemento necessario perché la Torah possa essere compiuta.
11:7 Che dunque? Quel che Israele cerca, non l’ha ottenuto; mentre il residuo eletto l’ha ottenuto; 8 e gli altri sono stati indurati, secondo che è scritto: Elohim ha dato loro uno spirito di stordimento, degli occhi per non vedere e degli orecchi per non udire, fino a questo giorno. 9 E David dice: La loro mensa sia per loro un laccio, una rete, un inciampo, e una retribuzione. 10 Siano gli occhi loro oscurati in guisa che non veggano, e piega loro del continuo la schiena.
Quando Shaul dice che quello che Israele cerca non l’ha ottenuto, specifica che è stato il residuo eletto ad ottenerlo: Qual’è questo residuo eletto? La chiesa? No! Perché togliere questo verso dal contesto? L’apostolo a appena detto che questo rimanente eletto è il residuo della Casa di Israele! (11:4-5), quei settemila che non hanno piegato il ginocchio davanti agl’idoli! Non parla di persone che erano nell’idolatria e si sono convertiti! Il rimanente d’Israele nelle Scritture si riferisce sempre alle Tribù che si sono separate da Yehudah:
Odiate il male, amate il bene, e, alle porte, stabilite saldamente il diritto. Forse, l’Eterno, l’Elohim degli eserciti, avrà pietà del rimanente di Yosef. (Amos 5:15)
In seguito, Paolo parla degli ʹaltriʹ che sono stati induriti perchè non possano capire. Chi sono questi ʹaltriʹ? Egli li identifica con i nemici di David, citando il seguente verso:
Sia la mensa, che sta loro dinanzi, un laccio per essi; e, quando si credono sicuri, sia per loro un tranello! gli occhi loro si oscurino, sì che non veggano più, e fa’ loro del continuo vacillare i lombi. (Salmo 69:22-23)
Chi erano i nemici di David? Non certamente i Giudei! I suoi nemici erano gentili, oppure in alcuni periodi anche quelli della Casa di Israele, come il Re Shaul che lo perseguitava; poi David non fu riconosciuto come re dalla Casa di Israele per sette anni che regnò ad Hevron; e poi anche Avshalom, che divenne suo nemico, s’appoggiò non a Yehudah ma alla Casa di Israele (2Shmuel 15:2-6) ‒ ricordate che nei libri di Shmuel si parla sempre di Yehudah ed Israele come due entità separate, come abbiamo visto nella prima sezione di questo studio.
Come emerge da tutti i brani delle Scritture citati da Paolo, e dalle sue proprie parole, egli non ha nominato i Giudei come l’Israele di cui parla in questi capitoli. In quei tempi, il popolo ed anche i destinatari della lettera avevano ben chiaro il concetto di Israele come una nazione divisa in Israeliti Giudei ed Israeliti non-Giudei. Anche lo storico Giuseppe Flavio attesta che esistevano le Tribù disperse, le quali non erano Giudei. Purtroppo, tale conoscenza s’è persa dal momento in cui i Giudei messianici sono stati banditi dall’assemblea che divenne poi la chiesa cristiana. Ed ora l’apostolo ci presenta il mistero d’Israele nell’allegoria degli ulivi, che costituisce l’essenza del messaggio di questa lettera:
11:11 Io dico dunque: Hanno essi così inciampato da cadere? Così non sia; ma per la loro caduta la salvezza è giunta ai gentili per provocar loro a gelosia. 12 Ora se la loro caduta è la ricchezza del mondo e la loro diminuzione la ricchezza dei gentili, quanto più lo sarà la loro pienezza! 13 Ma io parlo a voi, o gentili: In quanto io sono apostolo dei gentili, glorifico il mio ministerio, 14 per veder di provocare a gelosia quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. 15 Poiché, se la loro reiezione è la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non una vita d’infra i morti? 16 E se la primizia è santa, anche la massa è santa; e se la radice è santa, anche i rami sono santi. 17 E se pure alcuni dei rami sono stati troncati, e tu, che sei olivastro, sei stato innestato in luogo loro e sei divenuto partecipe della radice e dello splendore dell’ulivo, 18 non t’insuperbire contro ai rami; ma, se t’insuperbisci, sappi che non sei tu che porti la radice, ma la radice che porta te. 19 Allora tu dirai: Sono stati troncati dei rami perché io fossi innestato. 20 Bene: sono stati troncati per la loro incredulità, e tu sussisti per la fede; non t’insuperbire, ma temi. 21 Perché se Elohim non ha risparmiato i rami naturali, non risparmierà neppur te. 22 Vedi dunque la benignità e la severità d’Elohim; la severità verso quelli che sono caduti; ma verso te la benignità d’Elohim, se pur tu perseveri nella Sua benignità; altrimenti, anche tu sarai reciso. 23 Ed anche quelli, se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati; perché Elohim è potente da innestarli di nuovo. 24 Poiché se tu sei stato tagliato dall’ulivo per sua natura selvatico, e sei stato contro natura innestato nell’ulivo domestico, quanto più essi, che sono dei rami naturali, saranno innestati nel loro proprio ulivo?
Quello che i teologi cristiani non riescono a spiegare in maniera coerente, ma soltanto elaborando delle ipotesi non convincenti, e perché la caduta d’Israele era necessaria per la salvezza dei gentili. Se, com’essi sostengono, questo Israele si riferisce ai Giudei, i quali non hanno ricevuto Yeshua come Messia, cosa sarebbe cambiato per i gentili se i Giudei invece l’avessero accettato? Non poteva l’Evangelo essere predicato ai gentili lo stesso, se tutti i Giudei fossero divenuti messianici? Cosa impediva che anche i gentili credessero al messaggio apostolico? Non fu Shaul chiamato ad essere l’apostolo dei gentili quando ancora tutti o quasi tutti i discepoli di Yeshua erano Ebrei, e molti Giudei continuavano ad aggiungersi all’assemblea? Evidentemente, la spiegazione cristiana dispensazionalista ed altre simili non hanno nessun senso e sono completamente fuori dal contesto storico e culturale degli scrittori biblici e dal messaggio che essi hanno voluto trasmettere. I teologi dimenticano che coloro che hanno scritto la Bibbia erano Ebrei, con una cultura ebraica, una personalità ebraica, un’eredità ebraica, una mentalità ebraica, con una piena consapevolezza dell’esistenza delle due Case di Israele e la diversità delle profezie per l’una e l’altra. Se invece si riesce ad afferrare il concetto che è stata la dispersione della Casa di Israele in mezzo ai gentili ciò che ha portato benedizione a tutti i popoli, perché nell’eseguire il comandamento di Yeshua di cercare prima le pecore perdute della Casa di Israele è stato assolutamente necessario predicare l’Evangelo a tutti perché la Casa di Israele non è identificabile, tutto il discorso di Paolo diventa perfettamente coerente e comprensibile. Biblicamente, l’ulivo è figura d’Israele. Alcuni rami di questo ulivo sono stati troncati per la loro reiezione: quando è avvenuta questa reiezione, e nei confronti di chi? Il Profeta Hoshea lo dice chiaramente, che mentre Elohim ha avuto compassione della Casa di Yehudah, non l’ha avuta di quella di Israele, ed Egli non fu più il loro Elohim, né essi il Suo popolo (Hoshea 1:6-9). Anche il Salmista scrisse: «Ma ripudiò la tenda di Yosef, e non elesse la Tribù di Efrayim; ma elesse la tribù di Yehudah, il monte di Tzion ch’Egli amava» ‒ Salmo 78:67-68. Allora la Casa di Israele è stata reietta, e s’è mescolata ai gentili, come una focaccia cotta solo da un lato (Hoshea 7:9), senza più un’identità, tuttavia, con una promessa di riscatto (Zekharyah 10:6). Non c’è alcun passo nelle Scritture che parli d’una reiezione della Casa di Yehudah, ma solo delle Tribù che scelsero di separarsi da essa. Ecco quando questi rami sono stati tagliati dall’ulivo, quando una delle due Case fu portata in esilio per non tornare mai più, per non essere più il Suo popolo, fino a quando in mezzo ai gentili saranno redenti e nuovamente chiamati figli dell’Elohim vivente, quindi, reinnestati nell’ulivo originale. Questi rami sono stati troncati per la loro incredulità: A chi non hanno creduto? Ai loro Profeti, i quali hanno predicato perché ritornassero alla Torah, ma essi non hanno voluto ascoltarli, e furono deportati dagli Assiri. Questi, ch’erano dei rami naturali, sono stati tagliati per la loro disubbidienza, non i Giudei, che sono quei rami che rimangono nell’ulivo ‒ perché non tutti i rami sono stati recisi, ma solo alcuni, come Shaul dice in modo chiaro ed inconfutabile. Nell’ulivo, che rappresenta l’intero popolo d Israele, sono innestati i gentili redenti: questo è altrettanto palese e fuori discussione. Come mai, allora, la chiesa pretende che siano i Giudei ad essere innestati in essa? Perchè vuole che i rami dell’ulivo naturale, i quali non sono stati tagliati, siano recisi per essere innestati nell’ulivo selvatico? Non dice Paolo esattamente il contrario, che i gentili convertiti devono essere innestati in Israele? Com’è riuscita la teologia cristiana ad alterare il senso delle Scritture fino al punto di farli dire esattamente il contrario di ciò che dicono! L’apostolo infatti, lancia un monito ai gentili perchè essi non facciano ciò che la chiesa ha proprio fatto, insuperbirsi contro i rami troncati. La chiesa è addirittura andata oltre, perché l’ha fatto non solo contro i rami troncati, ma anche contro quelli naturali rimasti, e contro l’intero albero, e pretende portare la radice (oppure tagliarla)! L’avvertimento di Paolo riguarda particolarmente il cristianesimo e le sue dottrine, soprattutto quelle che sostengono che la salvezza non si possa perdere. L’apostolo dice proprio il contrario: Attenti a non essere recisi voi, il che può essere fatto molto più facilmente di come lo fu per quelli della Casa di Israele, perché essi appartengono alla progenie degli eletti, mentre i gentili sono innestati contro natura!
11:25 Perché, fratelli, non voglio che ignorate questo mistero, affinché non siate presuntuosi; che cioè, un induramento parziale s’è prodotto in Israele, finché sia entrata la pienezza dei gentili; 26 e così tutto Israele sarà salvato, secondo che è scritto: Il liberatore verrà da Tzion; 27 Egli allontanerà da Yakov l’empietà; e questo sarà il Mio patto con loro, quand’Io torrò via i loro peccati.
Qui Shaul svela un mistero. Cosa significa questa parola? Dal greco mysterion, ed essa da mýstes, “iniziato”, dal verbo mýein, “chiudere”, rappresenta una verità soprannaturale che non può essere conosciuta per mezzo dell’intelligenza, un fenomeno inspiegabile razionalmente (definizione del Vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli). Un mistero è una realtà chiusa alla conoscenza generale. Se l’interpretazione di queste rivelazioni di Paolo fossero come proposte dalla teologia cristiana, non ci sarebbe alcun motivo per chiamarla ʹmisteroʹ. Inoltre, la spiegazione cristiana convenzionale non ha senso: essa consiste nella teoria che quando sia compiuto il numero di tutti i gentili che devono essere salvati, allora Elohim riprenderà il suo rapporto con i Giudei, i quali sarebbero la parte d’Israele che s’è indurita. Tutta questa speculazione sorge da una distorsione dei termini ed una forzatura dell’interpretazione:
- Un indurimento parziale d’Israele non è lo stesso che un indurimento [totale] di una parte d’Israele. In altre parole: non è che una parte di Israele, ossia i Giudei, sono stati induriti non accettando Yeshua come Messia (mentre una minoranza d’essi lo ha accettato) affinché potessero entrare i gentili ‒tesi che non ha nessuna logica‒, ma piuttosto che tutto il popolo d’Israele, Giudei e non, è stato parzialmente indurito nei confronti della controparte, non riconoscendosi a vicenda. Gli avvenimenti storici hanno infatti causato questo indurimento reciproco. Nel periodo apostolico, nell’ambiente Giudeo c’era una consapevolezza della Casa di Israele in esilio, la quale ha perso importanza quando gli stessi Giudei sono stati costretti alla Diaspora e di conseguenza, dimenticando completamente l’esistenza dell’altro Israele che viveva come i gentili fra i gentili, i Giudei sono divenuti gli unici rappresentanti legittimi di tutto Israele. In quanto all’aspetto religioso, i discepoli di Yeshua, ossia i nazareni, erano una corrente all’interno del Giudaismo, ma l’ingresso dei gentili e la successiva esclusione dei Giudei messianici dalla chiesa, hanno provocato una rottura definitiva ed inconciliabile tra Giudei e cristiani (fra i quali si trova la Casa di Israele), come fu profetizzato: «Poi spezzai l’altro bastone Vincoli, per rompere la fratellanza fra Yehudah ed Israele» ‒Zekharyah 11:14.
- «Finché sia entrata la pienezza dei gentili, e così tutto Israele sarà salvato»: Questa frase non dice “finché sia entrata la pienezza dei gentili, e poi [dopo, in seguito, successivamente] tutto Israele sarà salvato (convertendosi al cristianesimo)”, ma dice invece “finché sia entrata la pienezza dei gentili, e così [in questo modo, perciò] tutto Israele sarà salvato”. La redazione della frase è univoca, indicando non un avvenimento (la salvezza di tutto Israele) che succede alla conclusione di un altro precedente (l’entrata dei gentili), ma che si compie contemporaneamente, attraverso questo, il quale è il metodo, la maniera in cui si realizza, e non una vicenda separata. Qui è contenuta l’essenza del mistero d’Israele: il fatto che con l’entrata dei gentili nella redenzione è possibile riscattare tutto Israele. L’espressione “pienezza dei gentili” in ebraico è melo ha-Goyim, e nelle Scritture Ebraiche la troviamo nella benedizione di Yakov ad Efrayim in Genesi 48:19, che dice: «il suo fratello più giovane sarà più grande di lui, e la sua progenie diventerà una moltitudine di nazioni» ‒ le espressioni “pienezza dei gentili” e “moltitudine di nazioni” corrispondono ad un’unica espressione in ebraico: melo ha-Goyim. Quindi, la rivelazione di Shaul in questo verso si può capire parafrasando come segue: «Finché sia entrata la discendenza d’Efrayim, e così tutto Israele (cioè, Yehudah ed Efrayim) sarà salvato». Abbiamo letto in Hoshea che soltanto la Casa di Israele, con Efrayim a capo, è stata rigettata e divenne “Lo-Ammi”, mentre invece Yehudah è salvata mediante l’Eterno (Hoshea 1:7). La Casa di Yehudah sono i rami rimasti nell’ulivo, ed Efrayim, la Casa di Israele, i rami recisi e reinnestati ‒ così tutto Israele è di nuovo al completo. Di questo processo di riscatto delle Tribù perdute sono beneficiari anche i gentili, perchè queste Tribù sono di fatto gentili, e affinché l’Evangelo possa raggiungere loro dev’essere predicato a tutti. Nel frattempo, entrambe si sono parzialmente indurite, i Giudei hanno la Torah ma non riconoscono la Casa di Israele ed il suo Messia, mentre che la Casa di Israele non riconosce sé stessa come tale (pur avendo ricevuto il proprio Messia) e persiste nella sua durezza adorando l’Eterno secondo i propri parametri e non secondo la Torah. Successivamente, Shaul fa riferimento al Salmista, quando scrisse: «Oh, chi recherà da Tzion la salvezza d’Israele? Quando l’Eterno ritrarrà dalla cattività il suo popolo, Yakov festeggerà, Israele si rallegrerà» (Salmi 14:7 e 53:6). Ed in relazione ai gentili, questa benedizione s’esprime nei seguenti termini: «Verranno delle nazioni in gran numero e diranno: ‹Venite, saliamo al monte dell’Eterno e alla casa dell’Elohim di Yakov; Egli c’insegnerà le Sue vie, e noi cammineremo nei Suoi sentieri!› Poiché da Tzion uscirà la Torah, e da Yerushalaym la parola dell’Eterno» (Yeshayahu 2.3; Mikah 4:2). È chiaro che la Casa di Israele ed i gentili redenti con essa dovranno imparare la Torah, quando il loro indurimento verrà tolto.
11:28 Per quanto concerne l’Evangelo, essi sono nemici per via di voi; ma per quanto concerne l’elezione, sono amati per via dei loro padri; 29 perché i doni e la vocazione d’Elohim sono senza pentimento.
Non ci sono dubbi che è a causa dell’Evangelo le due Case sono diventate nemiche l’una dall’altra, come profetizzato in Zekharyah 11:13-14. Tuttavia, questa inimicizia non influisce sulla redenzione d’entrambe in quanto tutti i discendenti d’Israele sono eletti, e ad essi appartengono i doni e la vocazione (non ai gentili!). Qui Paolo ci rivela un altro aspetto del mistero: Chi saranno gli apostoli ed i profeti in mezzo all’assemblea messianica? Tali doni non sono stati concessi ai gentili ‒ Paolo ribadisce ciò che aveva già dichiarato quando introdusse questo argomento dicendo «Israeliti, ai quali appartengono l’adozione e la gloria e i Patti e la Legge e il culto e le promesse» (9:4). Nel Nuovo Testamento, malgrado ci sia menzione di credenti gentili, nessuno di loro è stato nominato apostolo o profeta. Questa è una prerogativa d’Israele, d’entrambe le Case. Se in mezzo ai gentili tale ministerio è dato a qualcuno, probabilmente è un segno della sua origine...
11:30 Poiché, siccome voi siete stati in passato disubbidienti ad Elohim ma adesso avete ottenuto misericordia per la loro disubbidienza, 31 così anch’essi sono stati allora disubbidienti, onde, per la misericordia a voi usata, ottengano essi pure misericordia. 32 Poiché Elohim ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti.
Nella conclusione del suo discorso sul mistero d’Israele, Shaul dimostra ai gentili che sono stati essi per primi a disubbidire, (già nei tempi immediatamente successivi al Diluvio), e quindi poi anche la Casa di Israele tramite la loro disubbidienza (separandosi da Yehudah e quindi dalla Torah) è stata portata allo stesso livello dei gentili, affinché possano tutti avere una possibilità di redenzione ‒ perché senza la necessità di riscatto della Casa di Israele questa non sarebbe giunta alle nazioni.
11:33 O profondità della ricchezza e della sapienza e della conoscenza d’Elohim! Quanto inscrutabili sono i Suoi giudizî, e incomprensibili le Sue vie! 34 Poiché: Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato il Suo consigliere? 35 O chi Gli ha dato per il primo, e gli sarà contraccambiato? 36 Poiché da Lui, per mezzo di Lui e per Lui sono tutte le cose. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.
Magnifica conclusione. Anche se per i gentili risulti incomprensibile l’elezione d’Israele e tutte le cose ad essa connesse, è stata la volontà d’Elohim a determinarle, e nessuno le può contestare. Prima di passare alla terza parte della lettera ai Romani, è utile meditare sul motivo per cui questo argomento sul mistero di Israele è stato indirizzato precisamente a loro anziché ad altri. Abbiamo già accennato parlando di Cornelio, il primo gentile entrato nell’assemblea messianica, se era veramente un gentile oppure uno che si comportava come tale. Egli appartiene alla categoria di quelli chiamati con il termine greco akrobustia in Atti 11:3, come se i suoi antenati avessero dimenticato un patto, quello della circoncisione. Egli era anche il capo della coorte degli Italici, cioè, dei popoli dell’Italia centro-meridionale. Le origini di questi popoli sono svariate, non di provenienza omogenea, ma in genere dalle coste del Mediterraneo orientale. Per esempio, i Siculi erano conosciuti nell’antichità come Tzekelesh, ed avevano una città nel sud di Yehudah che divenne rifugio del Re David, Tziklag (1Shmuel 27:6), la quale apparteneva allora al re dei Filistei, Akish (da identificare con il mitologico Aci di Sicilia). I Sardi, i Daunî ed altri erano anch’essi parte della confederazione di popoli chiamati Kerethei nella Bibbia (2Shmuel 8:18); altri come i Sanniti possono essere stati in origine popoli gentili ma assimilati in Israele durante i regni di David e Salomone. Benché non ci siano prove certe su queste ipotesi, tuttavia la scienza moderna tramite l’analisi del DNA, ha scoperto che le caratteristiche genetiche degli abitanti dell’Italia meridionale sono fra quelle più vicine agli Ebrei, insieme ad altri popoli dove effettivamente si sa che le Tribù separate da Yehudah si sono sparse. Chissà se Paolo conosceva questi misteriosi collegamenti, o è stato ispirato... Anch’io, pur sapendo altre lingue, ho scelto di scrivere questo studio prima in italiano senza avere un motivo preciso.

Parte III

Nella terza ed ultima parte di questa lettera Shaul cambia completamente argomento, non trattando più la “questione ebraica” ma dedicandosi a consigli etici, i quali piacciono tanto alle chiese per stabilire dottrine, leggi e regolamenti. I capitoli 12, 13 e 14 possono definirsi come una versione riformata del ʹsermone sul monteʹ di Yeshua, ma molto meno incisivo e con una minore autorità, piuttosto come una versione adeguata alle circostanze della comunità di Roma in quel momento. Tuttavia, questi consigli paolini ‒ perché sono infatti consigli pastorali, non comandamenti come quelli pronunciati da Yeshua sul monte ‒ hanno completamente eclissato l’insegnamento di Yeshua e sono stati elevati alla categoria di sostituti della Torah per i cristiani.
Tuttavia, sarà opportuno abituarsi alle auto-confutazioni tipiche di Paolo, il quale dice «non c’è né Giudeo né Greco», anzi, no, «il Giudeo prima, poi il Greco»; oppure «non c’è né maschio né femmina», anzi, no, «la donna impari in silenzio con ogni sottomissione, perché il capo della donna è l’uomo»; quindi, «la donna si copra il capo con un velo», anzi, no, «la chioma le è data a guisa di velo»; oppure «è stato alcuno chiamato essendo incirconciso? non si faccia circoncidere», anzi, no, meglio circoncido io stesso Timoteo, il quale è stato chiamato essendo incirconciso... «Sei single? Non sposarti, anzi, se ti vuoi sposare, sposati pure, va bene lo stesso»... Quindi, non è da stupirsi che ci siano migliaia di denominazioni cristiane che si scomunicano a vicenda e tutte quante si fondano sulla "dottrina" paolina! L’unica possibilità di trovare una coerenza fra un insegnamento di Paolo e l’altro, e fra questi ed il resto della Bibbia evitando la conflittualità che ne scaturisce dalla lettura delle sue lettere consiste nel valutare diversi fattori: ∙ che le epistole di Paolo, a differenza delle altre, non sono universali ma sono indirizzate a destinatari specifici, con i loro particolari problemi in un determinato momento; ∙ che le sue affermazioni sono spesso circostanziali, ed egli stesso se ne assume le responsabilità in prima persona, dicendo ad esempio «io ordino», o «io dico per concessione, non per comando», oppure «dico io, non il Signore», ecc. (1Corinzi 7:6,12); ∙ che egli stesso dichiarò di farsi Giudeo con i Giudei, Greco con i Greci, eppure anche Romano con i Romani! (1Corinzi 9:20,21; Atti 22:25). Non poteva egli predicare lo stesso messaggio a tutti? Perché doveva adattarlo secondo l’appartenenza culturale dell’interlocutore? Da ciò dobbiamo capire che i suoi sono consigli, non dottrine universali! La dottrina universale è quella insegnata da Yeshua di Natzaret, ed essa consiste nell’osservanza di tutta la Torah, fino all’ultimo yod e l’ultimo apice (Matteo 5:17-20). Nelle sue considerazioni finali, Shaul cita i Profeti per quanto riguarda il piano di salvezza per i gentili:
15:8 Poiché io dico che il Messia è stato fatto ministro dei circoncisi, a dimostrazione della veracità d’Elohim, per confermare le promesse fatte ai padri; 9 mentre i gentili hanno da glorificare Elohim per la Sua misericordia, secondo che è scritto: Per questo ti celebrerò fra i popoli e salmeggerò al Tuo nome. 10 Ed è detto ancora: Rallegratevi, o gentili, con il Suo popolo. 11 E altrove: Nazioni, lodate tutti il Signore, e tutti i popoli Lo celebrino. 12 E di nuovo Isaia dice: Vi sarà la radice di Yishai, issata come vessillo dei popoli, verso cui si volgeranno premurose le nazioni.
Non è pensabile che Shaul si servisse di testi presi fuori dal contesto per escogitare nuove dottrine, quindi, è utile esaminare la fonte stessa a cui l’apostolo fa riferimento, e collegarla al suo discorso. Non ci sono dubbi sul fatto che questo brano si riferisce alla salvezza dei gentili; tuttavia, non si fa alcun accenno ad un patto con loro, o ad una riforma del Patto precedente che sia accomodante per i gentili. Anzi, non ci si dice nemmeno che possano far parte piena del Popolo Eletto - la salvezza è un atto di misericordia, indipendente dell’elezione, e questo risulta chiaro: «i gentili hanno da glorificare Elohim per la Sua misericordia» ‒ non perché siano stati anch’essi eletti. Questo annuncio è collegato dall’apostolo a quello successivo: «Rallegratevi, o gentili, con il Suo popolo». Questa frase è molto significativa: da una parte ci sono i gentili, dall’altra c’è il Suo popolo ‒ fino a prova contraria, la grammatica stabilisce che la preposizione "con" è un nesso tra due parti diverse e separate; quindi, i gentili salvati, redenti per misericordia, si rallegrano con il Suo popolo, che è Israele. Questo argomento sarà approfondito nello studio sull’Apocalisse, in cui è ben definito il fatto che Israele e le nazioni sono entità separate nella Nuova Yerushalaym.
Infine, l’apostolo cita Isaia 11:10. Questo capitolo indica chiaramente in quale periodo storico si colloca questa condivisione della grazia tra Israele ed i gentili, ed è conveniente trascriverlo per intero:
Yeshayahu 11:1 Poi un ramo uscirà dal tronco di Yishai, e un rampollo spunterà dalle sue radici. 2 Lo Spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di forza, spirito di conoscenza e di timor dell’Eterno. 3 Respirerà come profumo il timor dell’Eterno, non giudicherà dall’apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire, 4 ma giudicherà i poveri con giustizia, farà ragione con equità agli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca, e col soffio delle sue labbra farà morir l’empio. 5 La giustizia sarà la cintura delle sue reni, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi. 6 Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo giacerà col capretto; il vitello, il giovine leone e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà. 7 La vacca pascolerà con l’orsa, i loro piccini giaceranno assieme, e il leone mangerà lo strame come il bue. 8 Il lattante si trastullerà sul buco dell’aspide, e il divezzato stenderà la mano sul covo del basilisco. 9 Non si farà né male né guasto su tutto il Mio monte santo, poiché la terra sarà ripiena della conoscenza dell’Eterno, come il fondo del mare dall’acque che lo coprono. 10 In quel giorno, verso la radice di Yishai, issata come vessillo dei popoli, si volgeranno premurose le nazioni, e il luogo del suo riposo sarà glorioso. 11 In quel giorno, il Signore stenderà una seconda volta la mano per riscattare il residuo del Suo popolo rimasto in Assiria e in Egitto, a Pathros e in Etiopia, ad Elam, a Scinear ed a Hamath, e nelle isole del mare. 12 Egli alzerà un vessillo verso le nazioni, raccoglierà gli esuli d’Israele e radunerà i dispersi di Yehudah dai quattro canti della terra. 13 La gelosia d’Efrayim scomparirà, e gli avversari di Yehudah saranno annientati; Efrayim non invidierà più Yehudah, e Yehudah non sarà più ostile ad Efrayim. 14 Essi piomberanno a volo sulle spalle dei Filistei ad occidente, insieme prenderanno i figliuoli dell’oriente; metteran le mani addosso ad Edom ed a Moab, e i figliuoli d’Ammon saran loro sudditi. 15 L’Eterno metterà interamente a secco la lingua del mar d’Egitto; scuoterà minacciosamente la mano sul fiume, e, col suo soffio impetuoso, lo spartirà in sette canali, e farà sì che lo si passi coi sandali. 16 E vi sarà una strada per il residuo del Suo popolo rimasto in Assiria, come ve ne fu una per Israele il giorno che uscì dal paese d’Egitto.
Non c’è ombra di dubbio che questo capitolo si riferisce ai tempi dell’Era Messianica, e che le frasi evidenziate sono da compiersi in quel periodo ‒ L’immagine del leone che mangia l’erbetta insieme all’agnello è un soggetto tipico che usano i cristiani per illustrare l’era in cui essi pensano di regnare (ancora non si sa bene su di chi...). E non c’è neanche alcun dubbio che Shaul sta citando il verso 10, pienamente inserito in questo contesto, e che un teologo come lui non avrebbe usato un riferimento biblico fuori dal suo contesto, perché se fosse così, sarebbe in mala fede. Questa redenzione dei gentili si inserisce nel piano generale nel quale Israele e Yehudah sono sempre un popolo separato dal resto dei redenti, e che ha la preminenza e le promesse: essi ritorneranno da tutte le nazioni (notare che a questo punto i gentili sono quelli che sono entrati nel Regno Messianico e sono sottoposti al governo del figlio di Yishai, David il Messia, e tuttavia, Israele è un popolo separato da loro). In questo periodo, la Casa di Yehudah e la Casa di Israele ritorneranno ad essere radunati come un unico popolo ‒ vedi commento ad Isaia 11:10. Con questo si conclude il contenuto teologico della lettera ai Romani, ciò che segue sono saluti ed informazioni personali dello scrittore verso i destinatari.