sabato 2 gennaio 2010

Tommaso il dubbioso

dal sito:http://www.regnomessianico.it

Ma come si può spiegare il dubbioso Tommaso? Quando questo ex scettico esclamò, quando vide il risorto Yeshùa, “Mio Signore e Mio Dio” (Giovanni. 20:28).

È possibile che, con una sola frase, e prima che i suoi compagni (come i Trinitari ammettono) avessero in mente la Divinità di Yeshùa, stabilisse una teologia che ha fatto di Yeshùa parte di una Trinità e così “vero Dio da vero Dio” sulla falsariga della formula Nicena e più tardi di quella di Calcedonia?

Ha egli dichiarato che Yeshùa fosse parte di una Divinità formata da due persone come alcuni asseriscono?

Nonostante la chiara applicazione di Tommaso del termine “Dio” a Yeshùa in Giovanni 20:28, il famoso teologo Emil Brunner fa la seguente acuta osservazione:

La storia della teologia Cristiana e del dogma c’ insegna di considerare il dogma della Trinità come l’ elemento distintivo dell’ idea Cristiana di Dio…D’ altra parte, dobbiamo onestamente ammettere che la dottrina della Trinità non faceva parte del primo Nuovo Testamento Cristiano… Non è mai stato l’ intento degli originali testimoni di Cristo nel Nuovo Testamento di presentarci un problema intellettuale – quello di tre persone divine – e poi di dirci tacitamente di adorare questo mistero di tre- in – uno.

Non c’ è traccia di tale idea nel Nuovo Testamento.

Questo “misterium logicum”, il fatto che Dio è tre e tuttavia uno, è completamente estraneo al messaggio della Bibbia.

È un mistero che la chiesa, nella sua teologia, ha posto davanti ai fedeli.. ma che non ha alcuna connessione con il messaggio di Yeshùa e degli Apostoli.

Nessuno Apostolo aveva sognato di pensare che vi fossero tre persone divine la cui relazione reciproca e la paradossale unità sono al di fuori della nostra comprensione.

Il mistero della Trinità….. è un pseudo – mistero che è sgorgato, per un’ aberrazione del pensiero logico, dalle righe stabilite nella Bibbia, e non dalla dottrina biblica stessa.

Il significato delle parole bisogna cercarlo nell’ ambiente in cui sono state scritte.

La Bibbia non è stata composta nel 21esimo secolo, e coloro che l’ hanno scritta non sapevano alcunché dei successivi credi e Concili.

Per determinare l’ intento dell’ autore, il contesto è fondamentale.

Nelle pagine del Vangelo di Giovanni Yeshùa non si è mai riferito a se stesso come Dio.

In realtà il Nuovo Testamento usa la parola Dio – nella sua forma Greca ho theos per Dio, il Padre solo, 1350 volte.

Le parole ho theos (cioè l’ Unico Dio) usate in modo assoluto, certamente non sono mai state usate per Yeshùa.

La parola usata da Tommaso per descrivere Yeshùa in Giovanni 20:28 era effettivamente theos (non ho theos).

Ma Yeshùa stesso, quando in Giovanni 10:34, fa riferimento al Salmo 82:6, aveva riconosciuto che nell’ Antico Testamento i Giudici erano chiamati “dei.” “Non è stato scritto nella vostra legge, "Io dico, voi siete dei"? Theos (qui al plurale theoi) apparve nella versione Greca dell’ Antico Testamento detta dei Settanta LXX come titolo per gli uomini che rappresentavano l’ Unico vero Dio.

Yeshùa in nessuna occasione si è mai riferito a se stesso come Dio, nel senso assoluto.

Che precedente ha spinto Tommaso a chiamare Yeshùa “mio Dio”?

Senza dubbio, i primi Cristiani usavano la parola “dio” con più liberalità di quello a cui siamo abituati oggi.

“Dio” era un titolo descrittivo valido per ogni sorta di autorità, compreso l’ imperatore Romano.

Non era limitato, al suo senso assoluto come un nome personale della suprema Divinità, così come l’ usiamo noi, oggi.

Le parole bibliche vengono a noi dalla Chiesa apostolica, ed è da quello ambiente del Nuovo Testamento che noi dobbiamo trovare il loro significato.

Gli insegnamenti di Yeshùa incisi sulla Bibbia sono contrari ad ogni deviazione dallo stretto monoteismo della Torah.

Affermando il credo d’ Israele, Yeshùa ha proclamato: “Ascolta, o Israele! Il Signore nostro Dio è un solo Signore” (Marco 12:29).

Egli ha espresso la sua fedeltà alla più solenne dichiarazione di fede d’ Israele.

Le sue parole non miravano a guidare i discepoli a credere in un altro che è Dio.

Tale concetto è estremamente contraddittorio.

Letto nella sua chiarezza, con parole che ritengono il loro significato originale, l’ assoluta conferma di Yeshùa del principio cardinale del Giudaismo, dovrebbe essere vista come prova definitiva della sua approvazione del monoteismo unitario dell’ Antico Testamento.

Tommaso, che non poteva credere che una resurrezione era avvenuta, fino a quando non ha avuto prove sostanziali e verificabili, solo allora, capì la posizione eminente che Yeshùa assumeva come Messia risorto.

La tanto desiderata grandezza per Israele ora sembrava una vera possibilità.

La dichiarazione di Yeshùa che egli era il Messia era adesso confermata.

Finalmente Yeshùa divenne il Signore di Tommaso ed il “Dio” della Futura Età del Regno (ricordiamo che il termine “Dio” nel giudaismo è dato anche ai rappresentanti di Dio come i giudici, angeli e perfino Mosè).

Tommaso, attraverso le predizioni dell’ Antico Testamento, sapeva benissimo del Regno.

La promessa ad Israele era stata che “un bambino nascerà, un figlio ci sarà dato, sulle sue spalle poggerà il dominio, ed il suo nome sarà Meraviglioso, Consigliere, Dio Potente, (non

onnipotente) Padre Eterno, Principe della Pace” (principe e non re) (Isaia 9:6).

Questa era una dichiarazione chiara ed inconfondibile della venuta del Messia. Ma questo “Dio potente” di Isaia 9:6 è definito, nell’ autorevole lessico Ebraico dell’ Antico Testamento, “eroe divino”, che riflette la maestà divina.”

Quanto all’ espressione “Padre Eterno” il titolo, come percepito dai Giudei, significava “il padre dell’ Età Futura (Messianica).”

La parola Greca (nel LXX) per “eterno” in questo caso non comporta l’ idea di “sempre, per sempre,” “per tutta l’ eternità” passata e futura, come noi normalmente la percepiamo, ma contiene il concetto di “in relazione all’ era (futura).”

In verità, il Signore Messia sarà il genitore dell’Età Futura del Regno di Dio sulla terra fino a quando “ogni cosa gli sarà sottoposta.

Poi il Figlio sarà sottoposto a Colui (Dio, IL Padre) che ha sottomesso ogni cosa a lui (Yeshùa), affinché Dio sia tutto in tutti.” (1 Cor. 15:28).

Era ben risaputo nell’ ambiente Giudaico che un capo umano poteva benissimo esser chiamato padre.

Isaia parlando di un capo d’ Israele dice “Lo investirò con la Tua autorità.

Ed egli diventerà un padre per gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme” (Isaia 22:21).

Inoltre non va dimenticato che Yeshùa essendo il secondo Adamo è padre della nuova progenie che è la chiesa.

Tommaso, al contrario di Giuda, era giunto a riconoscere colui che sarebbe diventato il “Dio” dell’ Età Futura, che rimpiazzerà Satana, il “Dio” dell’ età presente (2Cor. 4:4).

È sbagliato pensare che Tommaso sia improvvisamente arrivato a questa nuova rivoluzionaria credenza che Yeshùa era “Dio vero da Dio Vero”.

Non c’ era niente nell’ Antico Testamento, per quanto riguardava la Messianicità di Yeshùa, che predicesse che un essere eterno ed immortale sarebbe diventato un essere umano che sarebbe poi divenuto il Re d’ Israele.

Tuttavia, il re umano potrebbe in certe occasioni, esser chiamato “Dio” come nel Salmo 45:6, dove gli è stato dato anche il titolo “signore” (verso 11).

Sia “Signore” che “Dio” sono titoli Messianici, ed appropriatamente usati da Giovanni che ha scritto tutto il suo libro per convincerci a credere che Yeshùa è il Messia (Giovanni 20:31).

La realtà colpì lo scettico Tommaso quando riconobbe che era proprio Yeshùa risuscitato, attraverso il quale Dio avrebbe restaurato le fortune d’ Israele.

Così Yeshùa divenne “Dio” per Tommaso, nello stesso senso in cui Mosè aveva goduto la posizione di “Dio” quando fu mandato al Faraone.

“Il Signore (YHWH) aveva detto a Mosè, ‘ Vedi, Io ti faccio Dio per il

Faraone…” (esodo 7:1).

Questi titoli di grande onore conferiti ad umani strumenti di Dio non hanno violato il severo monoteismo dell’ Antico Testamento.

E non dovrebbero implicare il crollo del primo principio della Bibbia: Dio è una sola Persona, non due o tre (Marco 12:29).

L’ Angelo di Dio, come rappresentante dell’ Unico Dio d’ Israele nell’ Antico Testamento, anche lui poteva essere chiamato “Dio” (Gen. 16:9, 10, 11, 13).

L’ autorità di YHWH gli era stata conferita perché “il nome di Dio era in lui” (Esodo 23:20, 21).

Nel mondo di quei tempi “Dio” non voleva dire quello che vuol dire per noi oggi.

Una iscrizione che risale al 62 A.C. chiama Re Tolomeo XIII “il signore dio re.”

I Giudei medioevali chiamavano Davide “Nostro Signore Davide” e “nostro Signore Messia,” basandosi sul Salmo 110:1 (cfr. Luca 2:11).

Un teologo Trinitario del diciannovesimo secolo ha questo da dire sul modo in cui Tommaso ha chiamato Yeshùa: “Tommaso ha usato la parola ‘ Dio ’ nel senso in cui è usata per re e giudici (che sono considerati rappresentanti della Divinità) e principalmente è applicabile al Messia.”

Ma che novità ci ha portato l’Apostolo Paolo che è venuto dopo? C’è un’ evidenza scritturale che questo, che in precedenza era un rigido Fariseo abbia abbandonato il patrimonio Giudaico dell’ Antico Testamento ed abbia esteso il suo concetto di Dio ad includere una seconda e terza persona, costruendo così la base per la dottrina della Trinità?

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