venerdì 18 febbraio 2011

Yeshua, “il Fariseo”


 
L’insegnamento di Yeshua ed il suo stile di vita era quello tipico di un fariseo; si può dire senza timore di sbagliare che egli era virtualmente o magari effettivamente uno di loro. Vedremo in seguito alcuni dei fatti che confermano questa tesi:
Yeshua osservava non solo la Torah scritta, ma anche la Torah orale; per esempio, rispettando il divieto rabbinico di pronunciare il Nome dell’Eterno, scritto in ebraico “YHVH”, il quale era sostituito da altre parole come “HaShem”, il Nome; “Adonay”, il Sovrano; “HaKadosh”, il Santo; “HaShamayim”, il Cielo; “HaGevurah”, la Potenza, ecc. Yeshua spesso usava il termine “Cielo” in riferimento a Elohim (Matteo 21:25; Luca 15:18), “Potenza” (Marco 14:62) ed altri vocaboli. Questo comandamento non si trova nella Torah scritta, ma fa parte della Torah orale, come anche l’usanza di dire una benedizione prima dei pasti, ed altri precetti che egli praticava. Egli piuttosto ha criticato l’eccesso di zelo nell’applicare la Torah orale, quando essa sovrastava la stessa Torah scritta.
Yeshua portava certamente le “tzitzit”, ovvero le frange apposte ai quattro angoli del manto od altro indumento che i Giudei osservanti indossano; l’Evangelo ci dice che una donna afferrò proprio una delle frange della sua veste (Matteo 9:20). Come buon Rabbi, egli portava anche le filatterie, perché non gli è mai stato reclamato dai farisei il mancato uso di questi così essenziali elementi. Yeshua non ha infatti censurato l’uso delle frange e le filatterie, ma l’ostentazione di alcuni nel farlo in modo che fosse molto noto a tutti. Anche oggi si può criticare qualcuno nel modo di portare i vestiti, non i vestiti di per sé; nel rimproverare qualcuno perché porta una camicia di lusso nel luogo di culto o qualunque posto non idoneo non significa che si deva andare a torso nudo.
Un altro esempio della sua osservanza della Torah orale era il pagamento della tassa per il Tempio, che era un precetto dei farisei. I sadducei e gli esseni si rifiutavano di pagarla, ma Yeshua la pagò (Matteo 17:24-27).
Il ministerio di Yeshua era in perfetta armonia con le regole farisaiche; egli infatti li riconobbe come autorità in materia teologica:
Allora Yeshua parlò alla folla e ai suoi discepoli, dicendo: «Gli scribi e i farisei siedono sulla cattedra di Mosheh. Fate dunque e osservate tutte le cose che vi diranno, e ciò che essi fanno, ma non come quelli che dicono e non fanno»” (Matteo 23:1-3).
Questo verso è stato tradotto qui dal testo aramaico; notare che nelle versioni tradotte dal greco, il senso della frase cambia! Infatti, letteralmente dall’aramaico si legge “Fate ... ciò che essi fanno, ma non come quelli che dicono e non fanno”, piuttosto che le versioni occidentali, che traducono “Fate ... tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”. Yeshua non si permetteva di condannare tutti i farisei, sarebbe stato ingiusto perché c’erano molti di loro che erano sinceri – come per esempio, di Yosef, un fariseo, l’Evangelo afferma che era un uomo “giusto” (Luca 23:50); Yeshua fa un’enunciazione nella quale precisa che ci sono delle eccezioni. Egli riconosce che i farisei hanno l’autorità di sedersi sulla cattedra di Mosheh e di emanare precetti e regolamenti (in pratica, di sancire la Torah orale), criticando quelli di loro che poi non mettono in pratica queste cose (non tutti loro!). Crediamo nella buona fede dei traduttori dal testo greco, ma non possiamo non sospettare del testo greco stesso, che è una traduzione dall’aramaico eseguita probabilmente da esseni – avendo come precedente la Septuaginta, che contiene evidenti distorsioni alterando il senso originale del testo ebraico, e considerando la coerenza di Yeshua con le sue origini e con le Scritture, possiamo affermare che il testo aramaico trasmette più fedelmente il senso corretto del suo messaggio. Gli esseni invece, cercavano in ogni modo di mettere in cattiva luce i farisei. Le critiche di Yeshua verso i farisei si spiegano proprio dal fatto che egli stesso era dalla loro parte, non contro di loro, e sono da intendersi come critiche in casa propria. Yeshua invece non sembra che abbia mai censurato direttamente i Romani, o i Greci, ciò non significa che fosse d’accordo con la loro religione. Infatti, vedremo ancora come Yeshua stesso si comportava da “vero” fariseo, quindi, aveva autorità per criticare quelli di loro che erano ipocriti.
Yeshua insegnava in pubblico, nelle Sinagoghe e nel Tempio, queste erano caratteristiche dei rabbini farisei dell’epoca; anche i suoi insegnamenti sono identici a quelli dei Saggi (rabbini riconosciuti come autorità in materia di dottrina giudaica). Il suo “sermone sul monte” (Matteo 5, 6 e 7) è una predica in linea con quelle dei rabbini che oggi si definirebbero “ultra-ortodossi”. Infatti, nel suo discorso presenta delle posizioni teologiche concordi con la scuola rabbinica di Shammai. Tutt’altro che predicare una “grazia” al di sopra della Torah, Yeshua aggiunge severità all’osservanza dei precetti della Legge Mosaica! Yeshua dichiarò in modo inequivocabile:
«Non pensate che io sia venuto per sciogliere la Torah o i Profeti; io sono venuto non per sciogliere ma per portare a compimento. Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un yod o un apice della Torah passerà senza che tutto sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel Regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel Regno dei cieli. Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel Regno dei cieli» (Matteo 5:17-20).
Di solito, i predicatori della “grazia” si fermano alla prima frase, la quale poi viene interpretata in modo sbagliato. Quando Yeshua affermò ch’egli venne a “compiere” la Torah, non significa affatto che ciò esima i suoi discepoli di continuare ad osservarla! Yeshua era un Giudeo, pensava e parlava come Giudeo, il suo auditorio era composto da persone che professavano il Giudaismo. Secondo il pensiero giudaico, ed anche scritturale, due concetti opposti non s’escludono a vicenda, ma si completano. Questo è il senso di “portare a compimento”, aggiungere qualcosa, non sostituire una con l’altra. Il concetto di giustificazione per fede è ebraico, è stato uno dei Profeti che ha scritto “il giusto vivrà per la sua fede” (Havakuk 2:4); non è dunque un’idea neotestamentaria. Nel Giudaismo, Torah e fede si completano. La grazia è anch’essa un concetto giudaico: è stato Elohim a scegliere Israele, non Israele a scegliere Lui, e ciò per pura grazia, perché così Gli piacque. Paradossalmente, nel cristianesimo che predica la grazia, è l’uomo che deve scegliere se seguire la volontà d’Elohim, non Egli che ha già scelto i Suoi... Purtroppo, nel pensiero occidentale si è imposto il dualismo di cui abbiamo già parlato, nel quale i due opposti s’escludono: l’idea che la grazia abbia sostituito la Legge è mazdeista/manichea/mitraista, la quale ha permeato un’influenza indelebile sul cristianesimo; non è un’idea biblica. La grazia è un elemento che si completa con la Torah, non la sostituisce. A conferma di questo, Yeshua continua la sua spiegazione (questa parte è sempre lasciata perdere dai sostenitori della dottrina della sostituzione), e dice: “in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un yod o un apice della Torah passerà senza che tutto sia adempiuto” – sono forse già passati il cielo e la terra? è stato già tutto adempiuto? viviamo forse nell’Era Messianica, nella quale la Torah sarà adempiuta?... L’ammonimento di Yeshua dovrebbe al meno preoccupare i predicatori della “sola grazia”: “Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel Regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel Regno dei cieli”... Come possono essi non solo violare la Torah, ma addirittura insegnare a violarla, e poi pretendere di “regnare” nell’Era Messianica? Infatti, allora si troveranno in dieci di loro a prendere dalle frange un Giudeo per chiedergli d’insegnare loro a conoscere Elohim (Zekharyah 8:23)! Codesto Giudeo, che avrà messo in pratica la Torah ed avrà insegnato a farlo, infatti, sarà più grande di loro. Yeshua insiste ancora, per non lasciare dubbi, dicendo: “se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel Regno dei cieli”. Come si poteva superare in giustizia gli scribi e farisei? Cos’era per Yeshua e per il suo auditorio la “giustizia”? Cosa significa nelle Scritture il termine “giustizia”? Significa precisamente questo: Osservare la Torah! Certo, sarà infatti per pura grazia che coloro che credono di non dover osservarla saranno comunque ammessi nel Regno, ma non certamente per regnare.
“Non c’è nulla di nuovo sotto il sole”, dice il Qohélet (Ecclesiaste 1:9), Torah, fede, grazia, sono concetti ebraici; un Patto completa il precedente, non lo sostituisce, come la Torah non annullò il Patto dell’Eterno con Noach, ma rimane valido per tutta l’umanità, ugualmente il Nuovo Patto non annulla né l’uno né l’altro. Nelle Scritture gli opposti si completano, come maschio e femmina (senza i quali l’umanità avrebbe cessato d’esistere), giorno e notte, estate e inverno (senza i quali sarebbe impossibile che ci fossero semina e raccolta), ecc. La natura stessa ci dimostra questa realtà. Nel mazdeismo/manicheismo/essenismo, gli opposti sono inconciliabili. C’è da chiedersi quindi, a quale teologia s’ispira il cristianesimo, alla Bibbia o allo Zend Avesta e gli apocrifi? Chi è il vero Elohim, HaShem, Creatore dell’universo e Sovrano di tutto, o AhuraMazda, signore della luce? Chi è il Messia, il Rabbi Ebreo Yeshua di Natzaret, o Mitra?...
Nel sermone sul monte troviamo una serie di precetti della “Torah orale” insegnata da Yeshua, che tendevano ad aggiungere difficoltà alla Legge piuttosto che rendere liberi da essa. I suoi detti e le sue parabole hanno dei parallelismi con molti detti ed insegnamenti dei Saggi del suo tempo ed anche precedenti -più avanti ne citeremo alcuni-; ciò sta ad indicare che egli ha attinto di fonti comuni alle quali facevano riferimento i rabbini dell’epoca e che erano di pubblico dominio. La stessa preghiera insegnata da Yeshua, comunemente conosciuta come il Padre Nostro, è una parafrasi d’una preghiera giudaica, l’Avinu Malkeynu.
Alcune espressioni usate da lui sono di difficile comprensione se non si conosce bene il gergo ebraico, e si prestano ad interpretazioni sbagliate, altre hanno dei riferimenti precisi che nella traduzione si rendono meno chiari – per esempio, nella questione dell’adulterio, “chiunque guarda una donna con libidine, ha già commesso adulterio nel suo cuore” (Matteo 5:28); sia in ebraico che in aramaico, la parola “donna” si usa soltanto per indicare una donna sposata -non una nubile!-, ed il senso è ancora chiarito dal tipo di peccato che s’imputa al trasgressore: adulterio – in ebraico è univoco, ma è chiaro anche nella nostra lingua che l’adulterio si può commettere soltanto con una donna sposata. Sarebbe irrazionale che egli ponesse un peso che nessuno può portare (Luca 11:46) vietando di guardare una ragazza che non ha marito – e poi, come ci si potrebbe mai avvicinarla senza prima averla guardata? L’enfasi posto da molti cristiani sul modo di condurre il rapporto uomo-donna è anch’esso una reminiscenza dell’essenismo/manicheismo, non tenendo conto del piano originale di Elohim. Ciò ha causato la discriminazione della donna per secoli... Il discorso continua con il consiglio di cavarsi l’occhio; naturalmente, senza conoscere ciò che questa frase significa in ebraico, sarebbe piuttosto difficile metterla in pratica.
Yeshua non era neanche un pacifista: “Ma io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra” – Come si fa a colpire qualcuno sulla guancia destra? Ci sono due possibilità: o si è mancino, o lo si fa a manrovescio. Essere mancino non è una cosa molto frequente, e non avrebbe senso porgere l’altra guancia solo se chi ti colpisce è mancino, quindi, l’unica interpretazione logica considera l’atra possibilità. Colpire uno sulla guancia a manrovescio significava sfidarlo, non aggredirlo – Yeshua consiglia di non accettare le sfide, non di non difendersi.
Esaminiamo adesso alcuni dei parallelismi tra gli insegnamenti di Yeshua e quelli dei Saggi:

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“Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno” (Matteo 6:34);
“Colui che ha creato il giorno, ha anche creato il suo sostentamento” (Tanhuma, Beshalah); “Basta un problema nella sua ora” (Berakhot 9).

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“Lo Shabat è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per lo Shabat” (Marco 2:27);
“Lo Shabat è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per lo Shabat” (Shim’on ben-Menasya, Melkita Ki Tissa 5). Sia Yeshua che Rabbi Shim’on hanno confermato l’esegesi farisaica di Esodo 31:14, esposta per contrastare i sadducei.

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«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato ad un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia. La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia. E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato ad un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande» (Matteo 7:24-27);
“A cosa può paragonarsi una persona la cui conoscenza supera le sue opere? Ad un albero di molti rami, ma con poche radici. Verrà il vento e lo sradicherà, ed esso cadrà. Dunque, a cosa si può paragonare una persona le cui opere sono maggiori della sua conoscenza? Ad un albero con pochi rami, ma con molte radici. Anche se gli soffiano contro tutti i venti, esso non sarà smosso” (Rav Eliezer ben-Azaryah, Pirké Avot 3:18).

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“Togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello” (Matteo 7:5);
“«Togli via la scheggia dai tuoi denti». Ed egli rispose: «Togli la trave dai tuoi occhi»” (Bava Batra 15).

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“Quando sarai invitato ad un banchetto da qualcuno, non ti sedere a tavola al primo posto, perché può darsi che sia stato invitato qualcuno più importante di te, e chi ha invitato te e lui venga a dirti: «Cedi il posto a quest’uomo!» e tu debba con tua vergogna andare allora a occupare l’ultimo posto. Ma quando sarai invitato, va’ a sederti all’ultimo posto, affinché quando verrà colui che ti ha invitato, ti dica: «Amico, vieni a sederti più avanti». Allora ne avrai onore davanti a tutti quelli che saranno a tavola con te” (Luca 14:8-10);
“Spostati due o tre posti più in basso e siediti lì; scendi giù, in modo che poi ti dicano «Sali», piuttosto che sederti in un posto in alto e ti dicano «Scendi»” (Rabbi Akiva, a nome di Rabbi Shim’on ben-Azzai, Vayyikra Rabbah 1:5).

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“Perchè chiunque s’innalza sarà umiliato, ma chi s’abbassa sarà innalzato” (Luca 14:11);
“La mia umiliazione è la mia esaltazione, e la mia esaltazione è la mia umiliazione” (Rabban Hillel, Vayyikra Rabbah 1:5).
Fu domandato a Rabbi Hillel (che fu maestro della Torah nel periodo dell’infanzia di Yeshua) come si poteva riassumere l’osservanza dei comandamenti della Torah, e Rabbi Hillel rispose: «Ama Elohim con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta la tua anima, e con tutte le tue forze, ad ama il tuo prossimo come te stesso. Tutto il resto è Midrash». Yeshua non insegnò alcuna nuova dottrina, ma semplicemente, la corretta interpretazione della Torah, in armonia con i Rabbini del suo tempo.
Così come questi, ci sono altri insegnamenti di Yeshua che sono identici nel contenuto a quelli dei Saggi e rabbini farisei.
Nel linguaggio utilizzato da Yeshua, anche dei termini in apparenza semplici hanno un significato profondo che soltanto gli Ebrei potevano sapere. Per esempio, quando egli disse «Cercate prima il Regno di Elohim e la Sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date» (Matteo 6:33), egli sta parlando di concetti che i kabbalisti conoscono perfettamente: cos’è il “Regno”, e che rapporto ha con la “giustizia”? Perché egli ha associato queste due cose? Il Regno, “Malkut”, è la sfera inferiore dell’“Albero della vita”, che rappresenta il percorso spirituale dell’uomo alla ricerca della conoscenza di Elohim. Malkut è in stretto rapporto con la Shekinah, quindi riguarda la Presenza di Elohim sulla terra, lo Spirito Santo che dimora in mezzo al Suo popolo, ed è simbolo anche della sposa e dell’Assemblea di Israele. Essendo la sfera spirituale più lontana da Eyn-Sof, cioè dall’Altissimo, è a sua volta il punto d’inizio nel rapporto con Lui. Questa relazione si stabilisce da parte dell’uomo attraverso uno dei pilastri che conduce alla conoscenza (Binah) di Elohim, questo pilastro è la giustizia (Tzedakah), tramite la quale l’uomo sale verso l’Eterno, mentre gli altri due pilastri sono la misericordia e la grazia, per mezzo di cui è Elohim ad avvicinarsi all’uomo. Yeshua ribadisce la complementarietà dell’osservanza della Torah -la giustizia- con l’azione di Elohim; all’uomo tocca ricercare la giustizia, perché la grazia appartiene all’Eterno.
Yeshua infatti, ha sempre insegnato l’osservanza dei comandamenti come requisito indispensabile del credente. I comandamenti sono, naturalmente, quelli sanciti nella Torah, gli unici comandamenti riconosciuti nelle Scritture come tali.
Una corrente farisaica piuttosto particolare erano i “Hasidim” (denominazione originale di tutti i farisei, e probabilmente anche dei primi esseni), i quali si trovavano in Galilea, non in Giudea. Essi erano rinomati per le loro opere potenti, guarigioni, liberazione spirituale, ecc., di cui testimonia la letteratura rabbinica dell’epoca. Alcune storie di Hasidim, come Rabbi Hanina ben-Dosa ed altri, sono molto simili ai racconti biblici dei miracoli di Yeshua. Era usuale in Galilea rivolgersi ai Hasidim per chiederli di pregare per i malati ed ogni sorta di miracoli; testimonianze analoghe a quelle che leggiamo nell’Evangelo possiamo trovarle anche nella Mishnah. I Hasidim prediligevano appartarsi per pregare in solitudine, come faceva anche Yeshua, e usavano rivolgersi a Elohim chiamandolo “Abba”, cioè, “Padre”, cosa che non era molto ben vista dagli altri farisei. Queste ed altre caratteristiche ci indicano che Yeshua, nell’ambito farisaico, poteva essere considerato uno dei Hasidim.
E’ molto rilevante il fatto che i Hasidim fossero presenti in Galilea -e logicamente anche a Yerushalaym, che era il loro centro di culto perché i Galilei professavano il Giudaismo-, dove Yeshua svolse il suo ministerio ed operò i suoi miracoli. Infatti, non ci sono nell’Evangelo racconti di miracoli compiuti in Giudea, il che è in armonia con tutte le Scritture: nessuno dei Profeti di Israele ha fatto delle opere potenti in Yehudah, come neanche gli stessi Profeti di Yehudah avevano fatto miracoli. Yohanan l’Immersore, Profeta di Yehudah, non aveva fatto alcun miracolo (Yohanan 10:41); Yeshua, Messia d’Israele, non solo non compì dei miracoli in Giudea, ma neanche predicò in quella terra - fatta eccezione di Yerushalaym, che si trova sì in territorio di Giudea, ma nel concetto scritturale, è la capitale di tutto Israele. Non scese mai a sud di Yerushalaym, nemmeno nella sua Bethlechem! Yericho, il punto più vicino a Yerushalaym dov’egli ministrò, era già una città d’Efrayim. I miracoli infatti servivano per dimostrare alla Casa di Israele Chi è il vero Elohim -come è necessario dimostrarlo anche ai gentili-, ma i Giudei non hanno necessità di opere soprannaturali per riconoscere il loro Sovrano. Yeshua si comporta come il “Profeta”, Messia della Casa di Israele. Egli è chiamato “Yeshua di Natzaret”, non Yeshua di Bethlechem.
 

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